Deve aver fatto un certo successo il secondo episodio della serie “Playhouse 90” che, l’11 ottobre 1956, va in onda con il titolo di Requiem for a Heavyweight. È la storia del pugile “Mountain” McClintock (interpretato dal 37enne Jack Palance), ormai arrivato al capolinea, che scopre che essere “quasi” campione non conta nulla nel mondo e vede tutta la sua vita dedicata alla boxe come inutile.
La storia deve piacere perché riappare identica nell’episodio 8×13 (31 marzo 1957) della serie “BBC Sunday-Night Theatre”, e stavolta il pugile è interpretato dal 27enne Sean Connery, un attore che magari vi è capitato di sentir citare… (Tra i suoi avversari c’è pure un 24enne Michael Caine!)
Comprata la sceneggiatura, la Columbia Pictures chiama lo stesso sceneggiatore dei due episodi ad ampliare la storia per il cinema: uno sceneggiatore di nome Rod Serling, e anche lui potreste averlo sentito citare. Il risultato è il film omonimo presentato a New York il 16 ottobre 1962.
Il film esce in Italia il 5 dicembre 1962 con il titolo Una faccia piena di pugni. Va in onda sul secondo canale (Rai2) il 30 gennaio 1973 e non esistono tracce di una sua distribuzione in home video.
La Universal Pictures Italia lo porta in DVD il 21 febbraio 2006, e il 6 luglio 2016 la sempre attenta Golem Video lo ristampa in DVD con la cover che ho usato per questo pezzo, ma curiosamente alla stessa data lo presentano in DVD anche Dynit e Sony, con locandina diversa.
Come far iniziare il film con Anthony Quinn che combatte contro un giovane e scattante Cassius Clay, non ancora noto come Muhammad Ali? La furbata è geniale: mostrare tutto in soggettiva, così che Ali prende a pugni l’obiettivo e ci immedesimiamo nel povero pugile che inizia la storia andando sonoramente a tappeto. (Anche perché ha trent’anni in più rispetto allo sfidante!)
Conosciamo così Louis “Montagna” Rivera, che diventa Macigno nel doppiaggio italiano: che sia un omaggio a Primo Carnera, che negli anni Trenta aveva il montagnoso soprannome The Ambling Alp (“La montagna che cammina”)?
Da 17 anni è nel mondo della boxe ma ormai il suo tempo è bello che finito: l’ultima infornata di sganassoni fa sì che il medico gli neghi il permesso di combattere ancora, tanto è ridotto male. E ora, che farà?
Non se la passa meglio il suo manager Maish Rennick (Jackie Gleason), che aveva scommesso forte sull’ultimo incontro di Macigno e aveva convinto a scommettere anche un boss locale: ora deve restituire un bel po’ di soldi ed è disperato tanto quanto Macigno, che scopre tristemente che essere “quasi” campione di boxe non vale nulla, nel mondo del lavoro.
Inizia per il pugile il suo incontro più duro e pericoloso, verso il quale non esiste protezione. Un match dove deve affrontare l’uomo che considera come un fratello, un padre e un amico: il suo manager… che l’ha venduto e ora vuole usarlo per uscire dai guai.
Maish infatti propone a Macigno un ciclo di incontri di lotta vestito da indiano, una buffonata organizzata a tavolino che però piace tanto alla gente e fa incassare bei soldi. Tutti ne uscirebbero vincenti, tranne Macigno che si ritroverebbe umiliato e intento a fare l’unica cosa che non vuole fare per vivere: il buffone.
A nulla vale il conforto dell’assistente sociale Grace (Julie Harris) o del coach Army (Mickey Rooney) – in realtà due personaggi completamente inutili, appiccicati sullo schermo con lo sputo solo per far da spalla alle lunghe chiacchierate del protagonista – la scena madre vedrà Maish con gli strozzini al collo aspettare la sofferta decisione del pugile.
La scena finale sicuramente è intensa e, rivedendola per la recensione, mi è tornato alla mente quando l’ho vista da ragazzino la prima volta: mi è rimasta molto impresso e sicuramente è toccante. Ma onestamente si vede che è un episodio televisivo stiracchiato: se fosse durato almeno quaranta minuti di meno sarebbe stato molto meglio.
Quinn truccato da pugile suonato dovrebbe testimoniare dello sconforto di tutti quei pugili che non ce l’hanno fatta a diventare famosi e dopo una vita passata sul ring si ritrovano con niente in mano e nessuna possibilità di riscatto. In realtà alcune scelte patetiche testimoniano più che altro di un attore che esagera un po’ il suo ruolo spezzando subito l’empatia.
La storia è bella, anche se stiracchiata più del dovuto, ma la sceneggiatura è scarsa: lo spazio dato a Quinn è totale e forse non ne fa il miglior uso: tutto il resto del cast è solo carta da parati.
L.
– Ultimi post simili:
- The Ray Mancini Story (1985) Cuore di campione
- Knockout (2011) Nato per combattere
- Toro scatenato (1980) Impariamo il broccolino
- Champion (1949) Il grande campione
- Girlfight (2000) One dollar baby
- Southpaw (2015) Il pugile che fa piangere
- Fighting Tommy Riley (2004) The Fight
- Bomber (1982) Chiamatemi Rocky 6
- Tyson (1995) La biografia disimpegnata
- Penitentiary III (1987) Guantoni insanguinati
L’EPISODIO TV CON JACK PALANCE PROTAGONISTA
Che enorme peccato, tutti quei nomi mi hanno esaltato un sacco (Rod Serling! Cassius Clay!), Anthony Quinn è un attore che ho sempre apprezzato molto, davvero un peccato Cheers!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Peccato davvero perché si sente che c’è roba buona sotto ma a vederlo risulta un film datato.
"Mi piace""Mi piace"
Quinn gigioneggia un tantino, e il sospetto è che pensasse fosse proprio questo il modo giusto per creare quell’empatia che invece un’interpretazione più “sottotono” avrebbe reso meglio. Per il resto, forse Serling ha continuato a credere -pur lavorandoci sopra- che questa storia rimanesse più adatta alla tv che al grande schermo: da qui la persistente impressione di assistere a un lungo episodio tv…
"Mi piace"Piace a 1 persona
Hai detto benissimo, una recitazione più smorzata avrebbe reso molto meglio. E a Serling il formato televisivo è entrato nelle vene 😉
"Mi piace""Mi piace"
Pingback: The Harder They Fall (1956) Il colosso d’argilla | Il Zinefilo
Pingback: Una faccia piena di pugni (1962) | IPMP – Italian Pulp Movie Posters