Compie cento anni il cinema d’assedio, e per l’occasione ripresento – arricchendo l’apparato fotografico – lo speciale a puntate che ho curato su ThrillerMagazine nel 2013: speciale che poi ho raccolto nell’eBook gratuito Dieci contro mille. Il grande cinema d’assedio.
Scegliete voi se seguirlo a puntate qui, ogni mercoledì, o “bruciare le tappe” con l’eBook.
11. Distretto 13
(da ThrillerMagazine, 21 giugno 2013)
Il momento è arrivato: ogni puntata di questo speciale ha portato in un’unica direzione. Alla storia d’assedio definitiva, al caposaldo che per sempre rimarrà punto di riferimento obbligatorio per chiunque voglia raccontare una storia simile. Stiamo parlando del piccolo capolavoro di un regista che da solo ha cambiato il modo di fare cinema: Distretto 13: le brigate della morte (Assault on Precint 13, 1976) di John Carpenter. [Disponibile in DVD Stormovie.]
[Vi ricordo che oltre alla recensione di questo film, sulla Bara Volante trovate lo specialone definitivo sul Maestro John Carpenter.]
Il film è girato in ristrettissima economia, quasi in perdita, e la trama non può svilupparsi più di tanto per gli ovvi problemi finanziari. Il 13° distretto di polizia di Los Angeles viene dismesso e il tenente Bishop (Austin Stoker), al suo primo incarico, deve occuparsi della chiusura. Non sa che una pericolosissima gang cittadina ha dichiarato guerra alla comunità, e sta inseguendo un uomo che ha osato spararle contro. L’uomo in questione si rifugia nel distretto 13 in smantellamento, condannando tutti a morte: riusciranno un poliziotto, due segretarie e due criminali a sopravvivere all’attacco di un fiume di criminali assetati di sangue?
Dietro uno stile scarno e quasi spoglio, c’è tutta la potenza di John Carpenter, uno dei maestri incontrastati di un cinema ben presto dimenticato: il suo motto potrebbe essere benissimo «datemi una briciola e vi creerò un universo».
La potenza del film non è solo nelle immagini ma nella potenza devastante che da esse emana. È nella bambina che, con il gelato in mano, viene raggiunta dalla pallottola del criminale (in un’epoca in cui ancora si potevano mostrare cose del genere sullo schermo). Non c’è splatter, non ci sono grida né alcun tipo di sottolineatura emotiva. Con una macchia sul petto, la bambina semplicemente si accascia: la potenza devastante è tutta negli occhi dello spettatore.
Chi va al cinema è anestetizzato alle gang criminali, viste in miliardi di salse diverse. Le uniche al mondo a fare veramente paura sono quelle di Carpenter, semplicemente perché… non fanno assolutamente niente! Non sono criminali violenti, non sono sadici, non gridano, non ridono, non sparano milioni di proiettili, non corrono, non si agitano. La loro è una violenza incomprensibile, muta: si muovono e uccidono, senza perché, senza motivi, senza possibilità di comprensione. E questo crea il panico.
Non sfugga l’anno del film: prima del secondo titolo sugli zombie di George A. Romero, Carpenter rielabora il tema de La notte dei morti viventi (1968) calandolo nella città violenta. I criminali di Assault on Precint 13 sono in tutto e per tutto degli zombie – e proprio come nella pellicola di Romero cercano di penetrare nel “fortino” senza emettere alcun suono ed anzi con una furia cieca e priva di ragionamento, quasi primordiale – ma mettono ancora più paura perché… sono veri!
Ma Carpenter è anche di più. Quando i criminali-zombie tentano di entrare nel distretto, si comportano tutti nella stessa maniera ed emettono tutti lo stesso rumore: il tonfo sordo di pistole con silenziatore. Tutt’altro discorso per gli eroi all’interno, ognuno con un’arma diversa e ognuno con rumori differenti, ognuno con comportamenti e idee diverse. Non è uno scontro fra buoni e cattivi, bensì fra libertà di pensiero e di comportamento contro l’omologazione, da sempre motivo di terrore per gli spettatori americani.
I richiami al grande cinema western d’assedio sono chiari e dichiarati: non a caso l’escamotage finale di sparare alla dinamite sembra arrivare direttamente dalla scena finale di Rio Bravo di Howard Hawks, da sempre indicato come film che Carpenter ha voluto rifare in chiave cittadina.
Lo sottolinea, all’uscita del film nel nostro Paese, anche il quotidiano “La Stampa” (23 giugno 1979):
«Distretto 13 più che un poliziesco è un film d’azione con insistiti riferimenti a posizioni drammatiche tipiche di quei western in cui si vedono sceriffi bloccati in ufficio da outlaws. Nello sviluppo furente e vermiglio dell’azione stessa non c’è approfondimento dei caratteri, e le motivazioni sociali (la periferia ghettizzata d’un immenso centro urbano alla facile mercé d’una delinquenza organizzatissima) non sono sottoposte ad analisi alcuna. Però il giovane Carpenter ha un vigoroso mestiere, un occhio cinematografico sicuro e polso fermo anche nella guida degli interpreti.»
Anche gli italiani insomma si accorsero che il “giovane” Carpenter aveva stoffa da vendere.
Da quel giorno ogni altro film anche solo vagamente di assedio – comprese le successive pellicole di Romero – dovranno fare i conti con il Precint 13 di Carpenter, che scrive le nuove regole per il cinema d’assedio: basta canzoni, basta scazzottate e bevute, basta moralismo spicciolo. C’è solo l’istinto di sopravvivenza da entrambe le parti, ma mentre i “cattivi” sono spinti da cieca violenza i “buoni” cercano di usare l’intelligenza per uscirne vivi.
Tutto questo, nella sana tradizione americana, viene smantellato nell’immancabile remake del film, diretto nel 2005 dal bravo Jean-François Richet. Al di là di pochi accenni, nulla rimane del film di Carpenter, dando spazio ad un cumulo di tristissime banalità. (Il colpo di scena finale si capisce prima ancora che inizi il film!) Per fortuna la pessima e irritante pellicola è già caduta nel dimenticatoio dove è giusto che stia.
Tacendo quindi dell’indegno remake, che tradisce ogni singolo fotogramma del film originale, Assault on Precint 13 rimane un film di culto pur nascendo senza questo intento. E visto che strizza l’occhio a Rio Bravo di Hawks, anch’esso deve avere un tema musicale rappresentativo: e Carpenter non si è mai tirato indietro di fronte alle colonne sonore. A parte rari casi ha sempre voluto occuparsi anche di quell’aspetto dei suoi film, e in questo caso regala uno dei più celebri temi sonori del genere, adattato da Kenny Lynch per la voce calda di Jimmy Chambers (canzone che si può sentire nei titoli di coda e di testa in alcune versioni del film).
L.
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Conosci la mia passione per questo film è ti ringrazio molto per le citazioni multiple, “Giovane” Carpenter fa sorridere visto che il Maestro anche a vent’anni ne dimostrava il doppio 😉 Eppure anche I nostri giornalisti hanno capito che questo qui era un dritto, hai riassunto alla perfezione la forza del film, la capacità di Carpenter di essere essenziale ma efficacissimo.
La colonna sonora poi è pazzesca, il tema di “Distretto 13” mi esalta ad ogni ascolto, anche la versione con coro dei titoli di coda, film monumentale in un rubrica sempre più mitica! 😀 Cheers
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Quando guardo quel video dove il Maestro esegue dal vivo il tema, mi mangio le mani a pensare che… TU ERI LÀ! ^_^
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Veramente, sono ancora sconvolto di essere riuscito a sentirlo dal vivo. Teniamo le dita incrociate, il Maestro è impegnato in un nuovo tour negli stati uniti, chissà che non gli scappi di tornare a trovarci, sarebbe fighissimo 😉 Cheers
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Ti faccio compagnia nella mangiata, allora… mi vengono i brividi al solo vedere il video, come avrei reagito se avessi avuto la stessa fortuna di Cassidy? 😉
Naturalmente, tutti noi si aspettava questo asciutto, imprescindibile e sentitissimo post (a Zio John piacerebbe) dedicato al miglior assedio urbano mai raccontato su schermo 😉
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Com’erano diversi gli anni ’80, quando i miei mi fecero vedere questo film che oggi sarebbe super-vietatissimo ai minori di 21 anni. Probabilmente non sapevano cosa fosse, ma di sicuro ricordo che mi spaventò da morire!
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Trovo nel passato de Il Zinefilo questo post, lo adoro, lo commento, e nei commenti ecco un rimando ai concerti di zio John! Effettivamente nel 2018 tornò in Europa e fortunatamente me lo beccai pure io! :–)
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Lo stavo aspettando da 11 mercoledì. Leggo tutto con la bava alla bocca…
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ahaha attento a non sporcare il video 😛
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Peccato che un regista come Carpenter dagli anni duemila sia stato messo da parte,perchè il suo cinema faceva pensare ,veramente con 2 lire tirava fuori miracoli in più nel film presentano come eroi un nero,una donna e un galeotto condannato a morte.
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Verissimo, davvero un peccato.
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Questa cosa che i remake sono la copia in carta carbone o lo schifo più traditore possibile deve finire!
Questo mi manca e non sarebbe proprio il mio genere, ma Carpenter merita sempre 😉
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Capisco che visto oggi per la prima volta probabilmente risulterà molto datato, ma ti consiglio di cuore di metterlo in lista da vedere: scoprirai che ogni film di genere dal ’76 in poi in qualche modo paga pegno a questo titolo 😉
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Il primo film che ho visto di Carpenter….non ti lascia indifferente neanche ad pcchi chiusi, in pratica l’inizio di un grande amore.
“Hai da fumare?”
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Sottoscrivo ^_^
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Grande film, anche per me Distretto 13 è IL cinema d’assedio. E gran bell’articolo, come al solito 🙂
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Ti ringrazio, il film è così grande che meriterebbe un saggio intero su di lui: mi sono limitato ad inserirlo in un discorso di più largo respiro 😉
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Niente, hai detto tutto te, condivido su tutta la linea
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Ti ringrazio, è un filmone epocale di cui si può solo scrivere bene ^_^
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tratterai anche “Nido di Vespe”, l’adattamento alla francese di Distretto 13?
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Non avendo amato quel film mi si accappona la pelle ad accostarlo a Carpenter, comunque ho fatto solo una panoramica sul genere: fin troppi titoli sono rimasti fuori. Però in effetti potrei dare una seconda chance a quel film o confermare il primo giudizio (negativo).
Poi ci sarebbero i film di Nimrod Antàl, che fa assedi molto particolari e diversi da ogni altro film del genere. Uh, di assedi ce ne sono a frotte, e meno male ^_^
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Le brigate della morte; un capolavoro. Adoro Carpenter.
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Grande film, grande regista ^_^
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