Cresciuto a pane e blackspoitation, nel 1979 Jamaa Fanaka crea con le sole proprie forze il film per cui verrà sempre ricordato: produce, scrive e dirige Penitentiary, l’antenato dei futuri grandiosi film di “pugni in gabbia”.
Esce in patria nel dicembre del 1979 ma esordisce a New York il 4 aprile 1980.
In Italia il film viene presentato nel maggio 1980 al Florence Film Festival, dedicato al cinema indipendente, per poi uscire il 19 marzo 1982.
«Tutte figurine ampiamente sfruttate che qui vengono buttate nel frullatore, per una bibita dalle dosi bilanciate alla meno peggio» è il critico commento de “La Stampa” del 10 maggio 1982.
Facciamo conoscenza di Martel Gordone, interpretato da quel trentenne Leon Isaac Kennedy che nel 1981 esordirà anche alla regia con Il guerriero del ring. Stiamo parlando di uno scricciolo con più capelli che muscoli, un fuscello coi baffetti da sparviero che fa le faccette come se fosse Mike Tyson.
Il vagabondo Martel dorme per strada e gira in autostop come si faceva negli anni Settanta, ma quando incontra una sexy camionista la situazione crolla, perché dopo solo un bacetto diventa geloso e quando si fermano in un bar fa a botte con dei bulli.
Martel Gordone si ritrova in galera così di corsa che gli si spettina tutta l’acconciatura afro.
In questa prigione all black c’è giusto una guardia panciuta bianca, così si può dar fondo ad ogni tipo di stereotipo razziale: i neri non sembrano andarci giù leggeri con i propri simili, pure peggio dei bianchi!
Tutto scritto e girato con la rozzezza dell’opera prima, tutto ruvido come se nessuno avesse mai avuto idea di cosa sia il buon gusto.
Comunque arriva il solito torneo carcerario che è un’occasione imperdibile per fare caciara e mostrare sul ring gente che non sa fare nulla sul ring.
Persino lo scricciolo Martel può avere la possibilità di valere qualcosa in confronto a gente che sa solo azzuffarsi, eppure anche lui riesce a non mostrare nulla che assomigli alla boxe: è un susseguirsi di risse da bar fatte in guantoni, dove la dabbenaggine è l’unico stile di vita.
I lottatori si agitano i guantoni in faccia l’un l’altro come donnicciole isteriche e allo scricciolo Martel sono riservati giusto pochi minuti nel finale, per fare brutta figura.
Penitentiary è davvero l’antenato di tutti i prison movie marzial-boxeschi, in quanto presenta già in embrione tutte le situazioni e i personaggi che in seguito veranno meglio sfruttati: dall’idea di un campioneato semi-ufficiale con grandi scommesse al vecchio galeotto che si fa mettere in cella il nuovo arrivato per addestrarlo alla nobile arte del combattimento.
Il tutto girato male e recitato peggio: per fortuna in seguito sono arrivati prodotti decisamente migliori a ripercorrerne la via.
L.
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Meriterebbe una visione solo per il tipo che fuma con le orecchie, uno Shorty di “Scary Movie” ante-litteram…
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Peccato non abbia alcun ruolo nel film: se fosse stato lui protagonista sarebbe stato molto meglio 😛
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In effetti manca solo “Lonely man” in sottofondo poi sembra una scena presa del telefilm Hulk 😉 La trama è fin troppo scontata, avrebbero dovuto puntare di più sull’uomo che fuma 😉 Cheers!
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Appare per pochi seconda ma è un personaggio nettamente migliore di tutti gli altri 😀
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Già chiamare il protagonista Martel Gordone non è che fosse gran cosa, eh… oltre al fatto di prestarsi a parecchie dediche e sottintesi in rima (che probabilmente al Florence Film Festival non sono mancati) 😀
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