Death Match (1994) La versione di Willy l’Orbo

Lascio la parola ad un mio lettore – che ha scelto di firmarsi Willy l’Orbo – che ci parlerà di un film vintage… anzi, Zintage!
L.

È crudele, il mondo del cinema. Chiedere, per conferme, a frotte di meritevoli attori sprecati in lunghissime gavette e ruoli secondari nella frustrante attesa di una parte da protagonista mai giunta o arrivata, beffardamente, sul viale del tramonto. Tuttavia, anche in ciò, l’inverosimile realtà parallela dell’action anni ’90 costituisce una putrida eccezione. Nel senso che, coloro che dalla suddetta gavetta ne sono saltuariamente usciti, hanno ben presto palesato che, nelle menzionate interpretazioni minori, sarebbe meglio se ci fossero rimasti, se in quelle spoglie li avessero mummificati, se in qualche scena li avessero finanche narcotizzati e sepolti chilometri sottoterra. E invece…figurati. È il caso di Ian Jacklin, micidiale affossatore del film Death Match – Scontro mortale. [Già recensito dall’Etrusco!]

Una cura particolare nel rifare tutte le famose tecniche di Van Damme

Nella menzionata opera il malavventurato interpreta lo scaricatore di porto (letteralmente) John Larson e, se la sua espressione da Critters e il suo ciuffo alla Ken di Barbie non hanno già tramortito lo spettatore, c’è da godersi la prima sequenza: l’amico Nick, in piena notte, decide su due piedi di riscuotere la paga, il capo non ne ha intenzione e gli manda contro sciami di guardie del corpo, i due best friends si spendono in arti marziali, poi vedono delle armi a terra, si inebetiscono e fuggono in moto. Sì, siete sulla giostra del nonsenso. Intanto il boss Landis (Martin Kove), in accordo col boss Han (Steven Vincent Leigh), incarica il suo gorilla (Matthias Hues), di far fuori l’ennesimo boss Jimmie Fratello (Richard Lynch): al di là dell’eccessiva accumulazione di boss, volevo farvi notare che potevano sbizzarrirsi nella scelta del protagonista. Ma hanno ponderato Jacklin. Che è un po’ come seminare un campo di fiori e cagarci sopra, scusate il francesismo.

Tra l’altro Kove nostro organizza pure incontri clandestini in cui decide di cimentarsi Nick, il quale conferma di avere sempre idee brillanti a cui aggiungerei la felice intuizione di chiamare i suoi datori di lavoro “culi biondi”. Questi, giustamente, lo menano. Eppure poteva andargli peggio dopo la gufata reale del protagonista: «Tu sei pazzo. Ti farai male. Potresti morire». Manca un “andrai all’inferno” e l’escalation di anatemi sarebbe stata completa. Nel mentre la pellicola si popola di personaggi più o meno tollerabili: la mocciosa che mena, il nano che suona il gong, la bellona che aiuta Jacklin a ritrovare Nick. Vi lascio intuire quale sia l’UNICO personaggio tollerabile. Però è sempre lo stesso Jacklin che si distingue rispetto a chicchessia: prima definisce i malintenzionati «gente che ha le squame al posto della pelle» (?), poi, quando l’infante amica viene aggredita da una turba di prepotenti, la osserva divertito e corre in suo aiuto solo dopo che la situazione è precipitata a livello Royal Rumble. In soldoni: fine dicitore e adulto modello.

Una dose letale di anni Novanta!

Poco dopo si conferma l’equazione per cui, se uno guardasse i film d’azione anni ’90, il luogo più pericoloso da frequentare al mondo sarebbero i bar. Più di una favela, più di un carcere, più di un oceano popolato di squali assassini: quando eroe & bellona oltrepassano la fatale soglia lei subisce svariate molestie e un principio di violenza sessuale mentre lui viene coinvolto in una rissa. Brutti posti i bar, di quei tempi. Fatto sta che il Ken marziale si fa trascinare nel losco pit fight: tuttavia, proprio nel momento in cui assapori una svolta lottata, questa viene continuamente intervallata e quindi sminuita dai suoi progressi nella love story con l’ormai ribattezzata bellona. Nick, se la vuole ciulare, ti toccherà attendere.

Voglio menareeeeee!

Passano alcuni minuti: espletato l’intendimento con dovizia di particolari, possiamo tornare a te, Nick. Poco dopo, come in ogni action che si rispetti, ecco l’inseguimento in auto con esplosione finale e con i nostri eroi che, pur mettendo a repentaglio la propria vita, fanno battute, scherzano, sorridono: in pratica, una carnevalata. Bella e buona. Dunque, vi potete immaginare la direzione delle mie simpatie in previsione dello scontro finale tra il protagonista e l’accoppiata Kove-Hues. Tutto vano ovviamente. Altro che scontro, qui di mortale c’è solo un abbaglio: quello per cui, caro Jacklin, non ti hanno lasciato a svolgere una meritatissima e sempiterna gavetta.

P.S.
Ringrazio Willy l’Orbo per aver recensito il film.
L.

– Altri post di Willy l’Orbo:

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22 risposte a Death Match (1994) La versione di Willy l’Orbo

  1. Cassidy ha detto:

    MI piacciono queste recensioni doppie, fanno molto doppio spettacolo 😉 Cheers!

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    • Willy l'Orbo ha detto:

      Questi filmacci ci dovrebbero fare un monumento…addirittura le doppie recensioni! 🙂

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      • Giuseppe ha detto:

        Doppie recensioni per un doppio nonsenso, Willy: si, perché anche spingendoti a riguardare il film per una seconda volta non riesci lo stesso a trovare un senso nella scelta dei due di scappare una volta viste le armi a terra… ebeti erano e ebeti rimangono (lo spettatore rimane disARMAto da tanta inebetitudine)! E la «gente che ha le squame al posto della pelle» cos’era? Un insulto serpentiforme o un parere medico? Gente fredda e malvagia o semplicemente malata di psoriasi? Per non parlare dell’avvertimento come da prassi chiaramente diretto al temerario spettatore, qualora intendesse proseguire la visione fino in fondo: «Tu sei pazzo. Ti farai male. Potresti morire»… a meno che, in alternativa, non si riferisse al bar. Però non siamo più nei pericolosissimi anni novanta, in effetti. Dove nessuno ha mai pensato che per uccidere uno squalo sarebbe bastato portarlo in un bar, appunto 😉

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      • Willy l'Orbo ha detto:

        “Dove nessuno ha mai pensato che per uccidere uno squalo sarebbe bastato portarlo in un bar”, ahahahaha! Questa affermazione è la chiusura del cerchio, è la spiegazione al male di vivere, è la particella di Dio! Ahahahah! 🙂

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  2. Denis ha detto:

    Infatti in copertina non c’è nemmeno la foto e il nome del protagonista ma Matthias Hues, Steven Vincent Leigh sembra Richard Gere giapponese quella roba delle risse del bar lo dice pure Nick Nolte in Ancora 48 ore”sembra lo stesso clichè” per poi fracassare una bottiglia in testa al solito redneck con cappello da cawboy e la fanno anche nel wrestling quando filmano il contratto per il match e finisce in rissa.
    Shawn Micheals le prese dal vero in un bar e il giorno dopo in un match collassa sul ring.

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    • Willy l'Orbo ha detto:

      Il tuo commento sulla copertina coglie nel segno come Ian con la sua bellona! O come una rissa nei bar! A proposito…un ring di wrestling è senz’altro più sicuro dei suddetti! 🙂

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  3. Willy l'Orbo ha detto:

    “La versione di Willy l’Orbo” mi piace molto 🙂
    Che poi la mia versione è più semplice, essendo quella italiana, te ti sei cimentato addirittura con l’inglese! 🙂

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  4. Zio Portillo ha detto:

    Boss, contro Boss, contro sgherri di un altro Boss che vengono abbattuti da gente con aiuto di una bellona che vuole essere ciulata da chiunque e si finisce in rissa esagerata. E’ un film o è la trama di Double Dragon?

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  5. Annie ha detto:

    in pratica, una carnevalata

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  6. Marie ha detto:

    Mi piace quando un film https://altadefinizione.page ha un inizio, una metà e una fine, ma non necessariamente in questo ordine. Come nella vita.

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