Come ogni grande produzione hollywoodiana dell’epoca, anche l’uscita di Total Recall è preceduta – a volte anche troppo! – da una campagna pubblicitaria che preveda l’uso di ogni forma mediale disponibile all’epoca. Già abbiamo visto l’impegno dell’ancora ruvido mondo dei videogiochi tratti da film, ma da Marte arrivano anche libri, fumetti e dischi. Durante il viaggio, però, si perdono e non trovano la strada dell’Italia…
Il romanzo del film
Settembre 1989, le riprese in Messico sono finite e Paul Verhoeven si appresta ad entrare in sala di montaggio: mentre il regista inizia a dare forma a Total Recall, in libreria esce un romanzo di Piers Anthony… dal titolo Total Recall.
Quando nel 1990 il film esce nei cinema, un lettore scrive ad una rivista (purtroppo non l’ho ritrovata, ma tanto è giusto un’annotazione di colore) lamentandosi indignato di come il film di Verhoeven sia palesemente un plagio del romanzo di Piers Anthony dell’anno precedente – cambiando giusto il nome del protagonista, da Quail a Quaid – al che il curatore della rivista gli spiega che il libro citato è la novelization del film. Perché però la William Morrow abbia pubblicato quel libro quasi un anno prima e senza alcun riferimento al film da cui è tratto non ci è dato da sapere: chiunque avrebbe potuto cadere in errore. Infatti le edizioni successive del romanzo di Anthony, dal giugno 1990 in poi, oltre ad utilizzare la locandina del film mettono bene in chiaro che si tratta di una novelization.
Malgrado all’epoca grandi case come Mondadori, Sonzogno e Sperling & Kupfer facessero a gara nel portare in Italia romanzi tratti da film, Total Recall risulta purtroppo inedito da noi.
Ecco la trama, tradotta da me:
«Rekall, l’azienda multimilionaria di memorie sintetiche. Nell’ultima parte del ventunesimo secolo i loro impianti mentali possono rendere possibile l’impossibile, aggiungendo un pizzico di pepe alle esistenze dei loro clienti. Ma la vivida fantasia marziana dell’operaio edile Douglas Quaid nasconde un segreto mortale: la sua vera identità. Questo fa sì che si ritrovi inseguito da un assassino proveniente da un passato inventato, che all’improvviso è diventato spaventosamente ed inspiegabilmente reale…»
Qui ho uniformato, ma curiosamente sulla quarta di copertina l’azienda è scritta ReKall, con la “K” maiuscola, mentre all’interno è sempre scritta Rekall.
Quando ho letto la data di uscita di questo romanzo mi sono chiesto: siamo sicuri che il copione utilizzato da Piers Anthony per la sua novelization corrisponda poi al prodotto uscito dalla sala di montaggio? E se Paul Verhoeven in corso d’opera si fosse reso conto di qualche scena da tagliare o da modificare? E se qualche filo narrativo fosse stato sviluppato in modo diverso? Mi viene in aiuto John Gilbert che, recensendo il libro per la rivista “Fear” (settembre 1990), specifica a mo’ di critica che il romanzo di Anthony è fedele al film quasi scena per scena, quindi è buono per chi voglia «rivivere le avventure marziane di Arnold Schwarzenegger», ma deludente «per quei fan di Philip K. Dick che si aspettavano qualcosa di più».
«Mentre Piers Anthony è uno scrittore fantasy completo, il suo tentativo di novelization non è eccezionale come il lavoro di Alan Dean Foster, Orson Scott Card o Craig Shaw Gardner. Il libro manca di quell’approfondimento dei personaggi che abbiamo per esempio in The Abyss o in The Lost Boys, sebbene riesca a ricreare l’emozione del film. Non c’è dubbio che Anthony svilupperà maggior pratica in questo genere di scritti, ma è un peccato che non sia stato all’altezza di un titolo di successo come Total Recall.»
Ah, quando nelle riviste si facevano ancora critiche negative. Comunque posso confermare: l’ottimo lavoro di Card per The Abyss fa rimpiangere che lo scrittore non abbia molte più novelization al proprio attivo.
Non ho letto il romanzo perché mi è bastato tradurre i primi paragrafi (più sotto) per capire che non mi piace lo stile dell’autore, il quale compie il peggiore (e purtroppo tipico) errore del “noellizzatore”: descrive l’opera di un altro, invece di farla propria. Per esempio un altro autore avrebbe approfondito particolari stuzzicanti come la marziana tri-popputa, uno degli elementi più iconici della ricostruzione della vita sul pianeta rosso, invece è tutto un raccontino che assomiglia più all’audio-guida del film piuttosto che al suo romanzo.
Invece il film è vivo e frizzante proprio perché cura anche i particolari più secondari, e mi immagino che il citato “tocco di colore marziano” sia nato in quell’estate 1989, quando per rilassarsi magari sono andati tutti in un cinema di Città del Messico a vedere Star Trek V (giugno 1989) e Paul o Arnold, entrambi con l’occhio lungo per le forme femminili, si sono detti… «ma quella donna-gatto non ha tre tette? Perché non ne abbiamo una anche noi su Marte?»
La donna-gatto interpretata da Linda Fetters Howard si intravede appena nel film di William Shatner e lascia un ricordo forse solo nei fan più attenti. Lycia Naff a cui viene applicato un triplice petto finto – perché a detta dei curatori degli effetti speciali “aggiungerne una” era troppo difficile! – è ormai leggenda, anche se l’attrice non ne è stata contenta, come già ho raccontato.
Ecco la traduzione esclusiva dell’incipit del romanzo di Piers Anthony.
«Due lune svettavano nel cielo rosso scuro. Una era piena, l’altra crescente. Una sembrava avere il diametro quattro volte superiore all’altra, e nessuna delle due era esattamente rotonda. In effetti entrambe avrebbero potuto essere descritte come ovali: una come un uovo di gallina e l’altra come uova di pettirosso. Forse anche simili a pomodori, piccoli e larghi.
Quella grande era Phobos, così chiamata in onore della personificazione della paura: quella che pervade gli eserciti e ne causa la sconfitta. Quella piccola era Deimos, la personificazione del terrore. Erano nomi appropriati per quelli che erano compagni dell’antico dio romano della guerra e dell’agricoltura, Marte.
Il panorama di Marte era minaccioso. Così come l’orizzonte, che era più vicino rispetto a quanto sarebbe stato sulla Terra, c’erano formazioni rocciose, dirupi e polvere. Ci sarebbe potuta essere una guerra, qui, ma ovviamente nessuna agricoltura. Era una terra di nessuno nel vero senso della frase.
Douglas Quaid era fermo sulla superficie frastagliata. Indossava una tuta spaziale con respiratore, visto che la pressione atmosferica era solo un centocinquantesimo di quella terrestre, al livello del terreno, e la temperatura era circa cento gradi Fahrenheit sotto lo zero. Ci sarebbe stata la neve artica, se l’aria sottile avesse avuto abbastanza vapore acqueo per formarne. Qualsiasi difetto della tuta, ogni più minuscolo foro provocato da una delle rocce, l’avrebbe ucciso così velocemente come se fosse stato nello spazio profondo. L’unica differenza fra Marte e lo spazio era la gravità: quasi un terzo di quella terrestre. Almeno permetteva di avere coscienza di quale fosse il sopra e quale il sotto, così da poter camminare.
Quaid non aveva quasi bisogno di bassa gravità per camminare. Era un uomo possente, così muscoloso che persino la tuta spaziale non riusciva a mascherare il suo fisico. Sembrava emanare potenza. I tratti scavati del suo volto si potevano vedere anche all’interno del casco, e riflettevano la sua indomabile determinazione. Era ovvio che non si trovava lì per caso. Aveva una missione e neanche quell’inferno di pianeta l’avrebbe fermato.»
Il fumetto del film
Sempre in anticipo rispetto all’uscita in sala del film, ma stavolta solo di qualche mese, nel gennaio 1990 la DC Comics presenta la stessa storia ma stavolta trasformata in fumetto, con testi di Elliot S. Maggin e disegni di Tom Lyle.
Si tratta di un volume di una sessantina di pagine che appartiene ad un periodo in cui il fumetto-novelization è ancora un’arte troppo grezza per appassionare. Yado (1985), Robocop (1987), Robocop 2 (1990), Terminator 2 (1991), Alien 3 (1992), Universal Soldier (1992): non sono fumetti memorabili, solo oggetti da collezione per i fan dei relativi film o al massimo – nei casi migliori, come T2 – occasioni per sbirciare scene tagliate. Di solito, come nel caso di Total Recall, sono semplici riassuntini sbrigativi e poco interessanti del film.
Nell’agosto 2011 una casa diventata all’epoca la regina del pulp a fumetti, la Dynamite Entertainment, recupera il marchio Total Recall per fare quello che il cinema non ha mai voluto fare: raccontare il seguito del film, partendo esattamente dal bacio finale. Questa storia però la vedremo la prossima volta, parlando di un’epopea ancora più lunga di quella del film: quella del seguito del film.
La musica del film
Da sempre appassionato di colonne sonore, la mia magra paghetta da giovane studente è stata “tenuta in salvo” per anni dal fatto che a Roma trovare questo genere musicale negli anni Ottanta non era facile, almeno per quel che riguardava i film che piacevano a me. Quando poi scoprii i prodotti d’importazione fu un dramma, perché la citata paghetta non faceva neanche in tempo a finire nelle mie mani che già era spesa.
Nei primi anni Novanta a parte le colonne sonore dei film di Van Damme – d’importazione tedesca perché solo in Germania erano così folli da produrle! Ed è per questo che li amo! – comprai Terminator 2 ed Alien 3, che ovviamente conservo ancora insieme ad ogni altro CD comprato, ma il disco di Total Recall non credo di averlo mai visto. La memoria non mi aiuta, forse all’epoca girava ma ho scelto di non comprarlo perché non mi sembrava ci fossero temi che valessero la pena, però quella di T2 è davvero una pessima colonna sonora, ad esclusione del tema, quindi la mia scelta non era musicale: di solito avere Schwarzenegger in copertina era un motivo più che valido per comprare una qualsiasi opera. Al di là di come sia andata, sta di fatto che non ho mai sentito la colonna sonora completa di Jerry Goldsmith prima del 2000, quando cioè il compianto Napster mi permise di accedere ad un numero enorme di dischi.
Ristampata negli anni in vari “tagli” – rimando a SoundtrackCollector per tutte le informazioni – questo disco onestamente mi suscita le stesse emozioni di altre colonne sonore simili: tolta la prima traccia con il tema del film, il resto è solo musica di scena che ascoltare senza immagini non regala alcuna emozione, almeno a me. Anche per quanto riguarda il tema, poi, siamo parecchio lontani da quelli memorabili, sebbene sia sempre un prodotto di ottima qualità tipico di Goldmsmith. L’onore di finire nelle mie raccolte di temi da film non ce l’ha avuto!
Chiudo presentando l’intera colonna sonora così come è disponibile su YouTube.
(continua)
Fonti
- John Gilbert, Total Recall by Piers Anthony, da “Fear” n. 21 (settembre 1990)
L.
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Certo che pubblicizzare una novelization così, quasi da farla passare per un plagio, non una grande idea ecco. Concordo, Orson Scott Card per quel poco di suo che ho letto ha sempre fatto scintille proprio come il grande Jerry Goldsmith, anche se Napster ai tempi mi sembrava impossibile da utilizzare mi ha aperto un mondo musicale.
Ho letto i due adattamenti a fumetti, il primo è come hai ben descritto lo stesso film su carta, forse anche meno violento del film di Verhoeven (l’Olandese non si smentisce mai), il seguito invece non vedo l’ora di sapere tutto, come storia mi ha lasciato un po’ freddino devo ammetterlo, ma ne parleremo nei prossimi post. Cheers!
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Giuro, mai avrei pensato di leggere OGGI un tuo commento: già sbrigato tutto??? In fondo avevi promesso che sarebbe stato qualcosa in piccolo 😀
Scherzi a parte, ancora auguri e sì, far uscire un romanzo quasi un anno prima del film senza alcun accenno a Schwarzy è davvero un’operazione strana, una trovata pubblicitaria troppo lontana dall’evento che vorrebbe pubblicizzare.
Già sono a lavoro sull’odissea del seguito di TR e mi sa che sarà più lungo del previsto 😛
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Si tutto finito, non era nemmeno prevista la luna di miele (per ora), potremmo sempre prenotarci un viaggio di coppia su Marte alla ReKall 😉 Lo penso anche io, perché nelle mie letture spesso mi sono imbattuto in affermazioni sparse sul seguito, quindi con il tuo talento di investigazione so che tirerai fuori un altro viaggetto niente male! Cheers
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Novelization+fumetto+musica, per un post ricco di stimoli e sfaccettature a seconda del medium trattato (tre, proprio come le tre tette, un caso??? 🙂 )! Interessante soprattutto la storia dietro alla trasposizione letteraria, come sempre…cogli nel segno dell’interesse! 🙂
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Ti ringrazio e onestamente non avevo pensato al tre: quella trovata è così iconica c’è anche quando non sembra 😀
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Interessante come sempre, ci fai scoprire un mucchio di cose! PEccato che siano cose non tanto belle, vista la qualità di libro e fumetto…
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Ti ringrazio, mi sarebbe piaciuto trovare opere più indipendenti, magari più personali, invece all’epoca il concetto di “medium legato al film” era purtroppo più vicino a quello di “gadget del film”, anche se per fortuna c’erano felici eccezioni.
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No, decisamente la colonna sonora di Atto di forza -escluso il “main theme” nella prima traccia- non è un qualcosa che possa reggersi sulle proprie gambe di per sé, senza l’aiuto delle immagini. Così come fanno fatica a tener desta l’attenzione sia una novelization così noiosa che un adattamento a fumetti talmente grezzo… ma adesso bando alle ciance, rimaniamo in attesa dell’epopea del seguito del film 😉
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I fumetti dell’epoca erano tutti bruttarelli, quando dovevano rifarsi ad un film, invece c’erano in giro ottime novelization: forse affidare il libro ad un autore inesperto del genere non è stata una buona idea.
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Il fumetto lo ha pubblicato in Italia la Play Press in un volume in B/N dal formato ridotto
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Grazie dell’informazione.
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Di una guida per il film non si sente certo il bisogno, peccato che non abbiano pensato ad associare a Total Recall un prodotto più degno in quanto a novelization! Invece la colonna sonora è bella, ma a Goldsmith non posso che dedicare buone parole visto il suo grande lavoro su Star Trek! :–)
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Il tema sonoro è bello ma non è di quelli che ti metti in playlist da portarti dietro 😛
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