Comincia il viaggio del Zinefilo nel cinema WIP (Women in Prison): filone di “donne in gabbia” particolarmente sterile di trame ma ricco di trash e trovate pruriginose. Sono tutte pellicole che bene o male ho già visto (o intravisto) ma è ora di fare ordine in un mondo ancora confusionario.
Studierò man mano la cronologia quindi non sempre andrò in ordine, ma almeno i tre titoli storici con Pam Grier mi piace presentarli in sequenza.
Il 2 dicembre 1970 la New World Pictures di Roger Corman presenta il suo primo film, The Student Nurses: la casa è pronta a invadere il mondo cinematografico con prodotti di basso profilo ma di grande impatto.
Nel novembre precedente è stata nelle Filippine a girare un film scritto da Don Spencer – un tizio che passava per caso ed è stato assunto dalla casa per scrivere un paio di sceneggiature e poi scappare veloce, prima che gli spettatori potessero agguantarlo. Il regista è Jack Hill, già maestro dell’horror da due soldi, e il film ha un titolo semplice e quasi anonimo: Big Doll House.
Presentato negli USA il 30 aprile 1971, arriva di corsa sugli schermi italiani il 4 agosto 1972 con un titolo un’anticchia ammiccante: Sesso in gabbia.
Nella prigione femminile si scatena la violenza. I loro desideri a lungo inappagati esplosero alfine con furia selvaggia.
(dalla locandina italiana)
Malgrado le scempiaggini tipiche della distribuzione italiana e un discreto successo in sala – girerà un paio d’anni per le sale nostrane, piccole e grandi – del film scompare ogni traccia nel 1974: non esistono prove di distribuzione home video o passaggi televisivi, a meno che non gli sia stato affibbiato chissà quale strano titolo alternativo.
«I’m a long time woman»: così la squillante voce di Pam Grier introduce gli spettatori, cantando la canzone dei titoli di testa scritta da quell’Hall Daniels che si occupa anche dell’intera colonna sonora.
Incontriamo subito un gruppo di prigioniere che arriva in un carcere all’apparenza molto duro: la povera galeotta sospesa in una gabbia non lascia dubbi riguardo la rigidità delle “regole della casa”.
La protagonista è la nuova arrivata Marnie Collier (Judith Brown o Judy Brown), condannata per omicidio e già si capisce che è una donna grintosa, che non si farà piegare dal carcere duro.
Si ritrova in cella con quattro americane – Alcott (Roberta Collins), Grear (Pam Grier), Bodine (Pat Woodell) e Harrad (Brooke Mills) – e un’asiatica, la strana Ferina (Gina Stuart): la riconoscete perché ha una gatta in branda…
Le nuove compagne si presentano e tutto sembra andare liscio. Ma quando Collier prende posto nella sua branda e chiede alla solerte Grear se può stare sotto… la potenza magnetica di Pam Grier esplode e, con occhi da pantera, squadra la donna e risponde «A me piace stare sopra…»
Il carcere è gestito da Miss Dietrich (interpretata dalla pettoruta attrice tedesca a fine carriera Christiane Schmidtmer) e all’apparenza le detenute sono occupate in vari lavori non troppo pesanti.
Però di notte avvengono strane pratiche: un uomo in divisa dal volto mascherato interroga Bodine e, visto che lei non vuole fare la spia sul proprio fidanzato che sulle colline sta organizzando la rivoluzione, la fa torturare dalla bieca secondina Lucian (Kathryn Loder).
A parte la bieca secondina e il misterioso figuro mascherato, il carcere protagonista è una normalissima prigione, con normalissime detenute che non fanno assolutamente nulla che giustifichi un così pruriginoso titolo italiano.
A parte una castissima lavata di schiena di cinque secondi, non c’è alcun contatto tra le detenute e anzi l’unico momento di lotta – tra la grintosa Grear e la biondina Alcott – finisce in parodia, con tanto di lotta nel fango!
Immancabile il piano di fuga tra i boschetti filippini, con sparatorie e sangue finto: se già le sequenze in cella non hanno gran che da lasciare ai posteri, quelle fuori sono sicuramente da dimenticare al volo.
The Big Doll House ha il grande difetto dei film che aprono la strada: ha fatto esplodere il genere WIP senza però avere neanche uno degli elementi principali del genere WIP! È una pellicola castissima con più di un siparietto umoristico che si poteva risparmiare: è incredibile che abbia aperto le porte a sesso e violenza…
L.
Si! Si! Cacchio tu non mi vedi, ma sto facendo le capriole all’indietro per questa tua nuova Z-Rubrica 😀 WIP! Pam Grier! Sei un super eroe il martedì diventerà un altro appuntamento fisso 😉 Big Doll House è un titolone, ottima scelta per parlare di questo sottogenere piuttosto prolifico, grande! Torno a fare le capriole dalla gioia, se mi cerchi sono laggiù che balzello felice 😉 Cheers!
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Ahahah contento di farti capriolare ^_^
Pam illumina la stanza con la sua sola presenza e regge questo film (davvero minimo) in pratica da sola. L’unico cruccio… è che è troppo vestita! 😀
Preparati perché ne vedremo delle belle 😛
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Hai detto una grande verità, Pam troppo vestita è una crimine 😉 Non vedo l’ora… Sto ancora facendo le capriole da prima 😉 Cheers!
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iniziare un ciclo sul WIP senza citare questo film sarebbe stato BLASFEMIA.
Non vedo l’ora di leggere i prossimi editoriali
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Ero convinto fosse il primo del genere, per questo mi ci sono avventato, invece confrontando le date ce ne sono parecchi che lo antcipano: diciamo che è il primo a rendere famoso il genere e a farlo… esportare! (Come vedremo)
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ce ne sono altri infatti, ma come spesso capita, non è mai il primo a far esplodere un genere 🙂
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Le generose forme di Pam Grier hanno aperto la via 😀
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L’ipotesi di una sua ri-titolazione post 1974 non è da scartare: sapendo come, dalla seconda metà degli anni ’70 ai primi ’80, le TV private ne trasmettessero di ogni genere (e senza particolari problemi di censura) sarebbe sembrato perlomeno plausibile un suo recupero fra un WIP e l’altro… Va da sé che, in questo caso, l’unica prova a disposizione è la memoria -non sempre di ferro- di chi può averlo visto.
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Eh sì, la fantasia dei distributori italiani è proverbiale, e può cambiare a seconda dei passaggi televisivi o in home video… Per ora dispero ti trovare informazioni sicure sul destino post-cinema di questo film.
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…con una locandina STRANAMENTE simile a quella di Caged Heat…
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È sempre roba di famiglia 😛
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