Il terzo film aveva lasciato la porta aperta per un seguito della storia scimmiesca, e i macachi della Fox continuano a torturare i poveri umani primitivi della Apjac Productions per costringerli a sporcarsi loro le mani con altri film scimmieschi.
Ingaggiato il bravo regista britannico J. Lee Thompson – futuro creatore dei film di Charles Bronson – la Fox fa girare e uscire in tempi record questo Conquest of the Planet of the Apes.
Presentato a New York il 29 giugno 1972, il film arriva nelle sale italiane il 5 febbraio 1973 con il titolo 1999: conquista della Terra. La stessa 20th Century Fox lo porta in DVD dall’11 ottobre 2004 e in Blu-ray dal 21 dicembre successivo.
Come ho già detto per il capitolo precedente, lo sceneggiatore Paul Dehn è l’unico ad aver letto sul serio il romanzo originale di Pierre Boulle, sebbene non sia stato in grado di capirne il “metaforone” (per usare un’espressione di Cassidy): per Dehn le scimmie di Boulle sono davvero scimmie, così decide finalmente – al quarto film – di mettere in scena una parte importante del romanzo.
Boulle, lo ricordo, raccontava di una rivolta “silenziosa” e graduale degli schiavi: quelle popolazioni che fino a poco tempo prima erano sottomesse e ora guardavano negli occhi, strafottenti, i propri padroni. Boulle sta parlando del difficile rapporto tra francesi e asiatici, tra padroni occidentali che si credono investiti di superiorità divina e piccole scimmie gialle che sono nate per servirli: questa visione razzista che TUTTI condividevano a metà Novecento viene distrutta dalla guerra. Le piccole scimmie gialle hanno alzato la testa e i francesi non sono stati più i padroni del mondo.
Che Dehn colga tutto questo non saprei dirlo, però di sicuro ha letto bene il testo di Boulle e mette in atto la solita Spartacus Story che tanto piace agli americani. (Che adorano gli schiavi altrui quando si rivoltano, perché se lo fanno i loro schiavi li impiccano…)
Sono passati dunque vent’anni dagli eventi del terzo film e siamo nel 1999. Il piccolo scimpanzé Caesar (Roddy McDowall, che nei precedenti tre film ha interpretato Cornelius) esce dal circo del buffo Armando (Ricardo Montalban) alla scoperta del mondo. Un gran brutto mondo.
Come Armando ci spiega di corsa nei primi minuti di film, in quei vent’anni un virus misterioso ha spazzato via ogni animale domestico: sono rimaste solo le scimmie. Così gli umani le addestrano a pulire per terra e a servire ia tavoli… che sono le classiche occupazioni degli animali domestici!
Paul Dehn è confuso, è tanta la sua voglia di creare uno stato di polizia fascista – cioè di agganciarsi a scottanti tematiche della cronaca dell’epoca – che non sempre riesce a reggere le proprie metafore: non si sa cosa accidenti c’entri la morte degli animali, comunque le scimmie sono schiave. Però non schiave, sono servitori. Però sono più simili a camerieri. Però schiavi…
Mentre il folle sceneggiatore crea le basi per la successiva parodia Il dormiglione di Woody Allen – anche se alcune trovate di Dehn sono così ridicole che fanno più ridere di Woody! – questo mondo futuro schiacciato dagli stivali di pelle nera della polizia assomiglia molto ad una barzelletta mal raccontata che ad un’eco del 1984 di Orwell.
I poliziotti picchiano a caso le scimmie per qualsiasi motivo, perché è noto che più picchi uno schiavo più quello sta buono. E poi le scimmie sono utilizzate per quei lavori umili che gli umani non vogliono fare, tipo servire ai tavoli e fare i parrucchieri… Boh, onestamente conosco lavori peggiori…
Caesar, sconvolto dal modo in cui le scimmie sono trattate, sfugge al controllo degli umani e decide di organizzare la rivoluzione, al grido di «Liberté, égalité… scimmié!»
Qui Dehn si inala qualche sostanza misteriosa e con disinvoltura ci fa passare l’idea che Caesar sappia comunicare con le scimmie: perché Charlton Heston, con tutta la sua cazzutaggine, non poteva comunicare con gli umani primitivi del primo film mentre Caesar può farlo con il corrispettivo scimmiesco?
Questo curioso paradosso crea una delle scene più tristemente ridicole della cinematografia: l’attore Roddy McDowall, vestito da scimmia, che comunica ad altri attori vestiti da scimmie… come se fossero scimmie vere!
Ok, qualcuno mi chiami Piero Angela e mi spieghi come comunicano le scimmie. Non è disponibile? Va be’, vado a memoria: di sicuro non è facendosi le facce buffe!
Con una sequenza meritevole della Pernacchia d’Oro Caesar si aggira per la città e, con la sola imposizione degli occhi e un arricciamento vago del naso, tutte le scimmie capiscono il suo messaggio e passano alla disobbedienza civile. Lo spazzino svuota il secchio riempito, il lustrascarpe sporca i pedalini del cliente e via con gesti di enorme violenza sociale. Ci manca solo che una scimmia sputi in terra, ma la maschera di gomma non credo lo permetta.
Non posso credere che queste scene ignobili siano state effettivamente girate da J. Lee Thompson: per me ha lasciato il posto a quel fumato di Paul Dehn e gli ha detto «Tie’, scimmia sapiens, falla te ‘sta cazzata, che io ho un nome da difendere.»
Tra Armando che viene interrogato per ore e ore e ore, e alla fine tirano fuori una macchina che impedisce di mentire – ma cacchio, non potevano tirarla fuori subito? – tra le scimmie meno scimmie che si siano mai viste al cinema, tra sequenze di un cattivo gusto sopraffino… lo stesso non riesco a disprezzare questo film.
Lo confesso: al netto delle bojate di cui è pieno, 1999: conquista della Terra non è poi così malaccio. Di sicuro migliore dell’abominevole secondo episodio e del ridicolo terzo.
Raccoglie l’eredità visiva di THX 1138 (uscito meno di un anno prima) e anticipa tematiche care a tutti gli anni Settanta: il potere opprimente che si esprime visivamente mediante divise nazisteggianti.
Finiti gli scontri tra rivoltosi-scimmia e poliziotti-nazisti, come da copione arriva l’immancabile “discorso di Azincourt”: avendo tutti studiato a scuola l’Enrico V di Shakespeare, gli americani credono che ogni condottiero sia obbligato a fare un pippone di mezz’ora ai guerrieri, quando basterebbe un «Ammazziamoli tutti!» e basta così.
Caesar così ci informa che quella rivolta è l’inizio della fine della razza umana: il pianeta Terra è ora il pianeta delle scimmie. Ammazza, ma che ci stanno cento abitanti sulla Terra? Basta uno scontro con quattro idioti in divisa per decidere le sorti di una razza planetaria?
Questa puzza come un’altra macacata dello sceneggiatore Paul Dehn…
Come dicevo, questo quarto film si sforza di impegnarsi in una fantascienza un pochino sociale, anche se a livelli davvero bassi: mi sento di lodare il tentativo.
In chiusura, faccio notare la presenza in un minimo ruolo di Natalie Trundy, al suo terzo ruolo cameo nella saga del Pianeta della Scimmie! Perché continua ad apparire in piccoli ruoli? Di quale scimima era l’amante, all’epoca?
L.
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Premetto che «Liberté, égalité… scimmié!» è un colpo di genio! 😉 Detto questo concordo con te, il film è pieno di “macacate” e non si sfugge dal discorso di Azincourt, a tratti sembra “Il Dormiglione” come fai notare con il tuo ottimo paragone, è pieno di facilonerie, e dura troppo poco per diventare davvero epico, ma escluso il Capolavoro del 1968, questo è il mio capitolo preferito della Saga. Cesare malgrado maschera e problemi di comunicazione è un bel personaggio (infatti il recente remake è stato costruito tutto su di lui) e la scena finale è troppo Carpenteriana (finale apocalittico/politico) per non tirarmi dentro nel suo giochino. I difetti sono tutti lì da vedere, ma quando vedo una storia in cui l’uomo non è più al top della catena alimentare io mi esalto 😉 Cheers!
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Stavolta mi aspettavo una ridicolata e invece mi ha sorpreso, anticipando anche molte tematiche dei film dell’epoca. Al netto dei difetti, è davvero un film da rivalutare 😉
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Un mondo che amerebbe Frank Miller,ma alla fine c’è gia la dittatura dei quiz televisi,pallone,reality armi di distrazione di massa, per” scemizzare” il popolo richiardo a Orwell basta il nome della mia email..
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Ma poi, tra le altre belle pensate, è credibilissimo che in meno di una generazione le scimmie si siano antropomorfizzate esattamente come le vediamo nei primi due capitoli, lontani millenni dalle vicende attuali… E la totale estinzione virale degli animali domestici: solo un escamotage per forzare (mica tanto bene, eh) il percorso delle “autostrade temporali” preconizzato nel capitolo precedente dal personaggio di Eric Braeden, e che sarebbe bastato portare avanti così com’era, magari? Vallo a capire! Certo che, in quel caso, Cesare allora avrebbe dovuto aspettare parecchio per la ribellione…
Non sarà esattamente stato nelle intenzioni di Thompson o di Dehn fare un film per ragazzi, ma con tutto l’affetto “scimmiesco” possibile io non riesco a considerarlo molto più di questo, pensando alla svolta epica che avrebbe potuto invece rappresentare all’interno della saga. Fermo restando che come film per ragazzi (chiudendo un occhio su un bel po’ di cosette, ecco, tipo la scifi sociale intravvista a malapena dove altrimenti si potevano tirare belle mazzate) fa ancora il suo dovere, come film in sé e per sé si riscatta almeno parzialmente nel rivoltoso finale. Comunque, ribadisco, rimanendo per me il capitolo più debole dell’intera serie 😦
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D’accordissimo, almeno hanno tentato qualcosa invece di cazzeggiare come nei due precedenti sequel. Erano i rivoluzionari anni Settanta ed è giusto che il cinema cercasse di cavalcare l’onda del momento, anche se in formato scimmiesco 😛
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Ho paura di cosa scriverai del quinto XDDD
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Dovrei vederlo proprio stasera: ho un po’ paura 😀
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Natalie Trundy era la moglie del produttore Arthur P. Jacobs.
Da notare come il titolo italiano dica “1999”, ma il film si svolge nel 1991! 😛
Comunque anche per me è il migliore dei sequel…
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Me ne sono accorto dopo della data sballata: forse piaceva di più rispetto al 1991 😛
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