Il pianeta delle scimmie (1968)

Il pianeta delle scimmie [1968]
Quando voi terrestri leggerete queste parole, ormai nessuno ricorderà che sono esistiti cinque film pieni di scimmie e scimmioni, di macachi e macaconi, di uomini pulciosi e primati parlanti. Cioè, cinque prima di quelli girati a partire dal 2001.
Sono qui che mi gusto un sigarone nella mia navicella spaziale, perché negli anni Sessanta nessuno ti sfonda gli zebedei col fumo passivo né fa battutacce se ti metti in bocca un oggetto oblungo.

La Terra è morta da settecento anni ma è solo da sei mesi che sto nello spazio.
Perché io so’ Charlton Heston… e voi non siete un cazio!

Solo Charlton Heston può fumare il sigaro in un'astronave sigillata!

Solo Charlton Heston può fumare il sigaro in un’astronave sigillata!

Scherzi a parte, è esattamente con questo spirito che si apre Il pianeta delle scimmie (Planet of the Apes), il film che dà la stura alla moda scimmiesca: Charlton Heston pontifica fumando – e appoggiando il sigaro sul panello dei comandi come fosse un posacenere – mentre confessa di sentirsi solo… e si spara una siringona in vena! Ma cos’è che si inietta davanti alla cinepresa? Alla faccia dei messaggi criptici…

Con dieci minuti assolutamente geniali di non-fantascienza allo stato puro – non esiste l’ombra di un effetto speciale, solo la cinepresa che si agita a simulare il volo spaziale – si apre uno dei grandi capolavori del cinema di fantascienza, nato in un periodo d’oro in cui non serviva né tecnologia né trame complicate: bastava Charlton Heston in video e tutto era giusto!

Millle anni di viaggio... per cadere in acqua! Qui qualcuno porta jella...

Millle anni di viaggio… per cadere in acqua! Qui qualcuno porta jella…

Per esempio, dopo essere caduti sul “pianeta alieno” (va be’, chiamiamolo ancora così) i nostri viaggiatori escono dalla navicella che affonda. Perché dopo un viaggio di 700 anni hanno avuto il culo spaziale di finire in acqua e non di schiantarsi al suolo che è due metri più in là.

Uno degli inutili altri membri dell’equipaggio davanti alla navicella che affonda ripete, per ben tre volte, «Affonda!» È un buco di sceneggiatura? Solo dopo il personaggio verrà lobotomizzato, perché dice già ora cose stupide? Invece Charlton Heston ghigna e dice «Ok, ci tratteniamo.»

C’è la fantascienza che chiacchiera e sottolinea l’ovvio, e la fantascienza che spara frasi maschie…

Cosa portare in un pianeta lontano?

Cosa portare in un pianeta lontano?

Qual è l’avanzato e supertecnologico equipaggiamento con cui è partito Charlton Heston?
Abbiamo due radioline per sentire i risultati delle partite, un martello che su un pianeta ostile fa sempre comodo (arriva sempre il momento che devi attaccare un quadro e non hai il martello), due walkie-talkie – che siamo in tre, ma uno è nero quindi deve solo stare zitto: sono gli anni Sessanta, dolcezza! – abbiamo il necessario per un daiquiri e una pistola con ben tre caricatori: senza, un americano non esce di casa, neanche per un viaggio spaziale.

La Terra non c'è più? E a me che me ne frega a me, io so' Charlton Heston!

La Terra non c’è più? E a me che me ne frega a me, io so’ Charlton Heston!

Mentre Jerry Goldsmith butta via note a caso, limitandosi ad inciampare in una stanza piena di strumenti musicali, assistiamo alla notissima storia dell’astronauta George Taylor (Heston) che dopo un viaggio di fantastilioni di anni il 25 novembre 3978 sbarca su un pianeta sconosciuto (va be’, diciamo così) insieme ai suoi due sfigati compagni di viaggio: un nero ingaggiato solo per le “quote nere”, che non parla e muore subito non si sa come, e un bianco stupido che esce di scena alla stessa velocità.

Ragazzi, vi offrirei un sigaro... ma tanto durate poco...

Ragazzi, vi offrirei un sigaro… ma tanto durate poco…

Questo mondo è tutto alla rovescia, con le scimmie parlanti che tengono gli uomini primitivi muti in gabbia e Heston che riesce ad imporsi lanciando una delle più epiche frasi della storia del cinema:

Take your stinking paws off me, you damn dirty ape!

«Toglimi quelle zampacce di dosso, maledetto sporco gorilla» traducono in Italia, senza ovviamente sapere che non sono gorilla bensì scimpanzé, e che i gorilla saranno i loro nemici nei film a venire.

«Toglimi quelle zampacce di dosso, maledetto sporco gorilla» Applausi a scena aperta!

«Toglimi quelle zampacce di dosso, maledetto sporco gorilla»
Applausi a scena aperta!

Piccolo intervallo: so che gli approfondimenti non piacciono al lettore occasionale, ma seguire tracce letterarie è ciò che amo della vita…

Pierre BoulleC’era una volta un ingegnere che lavorava in un’industria della gomma in Malesia. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale combatté e fu prigioniero sempre nel sud-est asiatico, tanto che di ritorno in patria decise di scrivere romanzi che raccontassero le persone e le cose incredibili che aveva visto.
Era anche un agente segreto francese, e il suo nome era Boulle. Pierre Boulle.

Cominciò a scrivere romanzi di guerra e spionaggio – come William Conrad, la controspia – finché arrivò il successo internazionale con il suo Pont de la rivière Kwaï (1952), romanzo che cambia i nomi ma racconta gli incredibili fatti veri di una delle pagine più sporche del secondo conflitto. Mumble, mumble, fece il cervello di Boulle: cosa si fa quando un autore diventa famoso? Semplice: si copia qualcuno…

Secondo piccolo intervallo:

super_science_stories_194103Sul numero del marzo 1941 di “Super Science Novels Magazine” i trentenni Peter Schuyler Miller e Lyon Sprague de Camp presentano, in pieno conflitto mondiale dove uomini uguali ma diversi si uccidono tra loro, un romanzo in cui gorilla e scimpanzé si fanno la guerra…

Il romanzo Genus Homo (portato in Italia nell’aprile 1953 da “I Romanzi di Urania” n. 13 con il titolo Gorilla Sapiens) si apre con un pullman che cade in una voragine. La voragine si è aperta per un terromoto (provocato da esplosione nucleare?) e nel pullman tra gli altri viaggiava uno scienziato con un tubo che conteneva la sua ultima invenzione: il tubo si rompe, il gas fuoriesce e i viaggiatori… cadono in letargo. Si risvegliano una milionata di anni dopo e scoprono che l’umanità è scomparsa e la Terra è abitata da mostroni cattivi. Tutte le specie sono più grandi e più cattive, e i poveri viaggiatori vengono rapiti da dei gorilla e finiscono in uno zoo.

Gorilla sapiensDopo vari sforzi riescono a comunicare con i gorilla, diventano amici e stimati e inizia un lungo e noioso racconto della guerra contro gli scimpanzé, a cui gli uomini partecipano attivamente.

Il romanzo Le règne du gorille arriva in Francia nel 1951: l’ha letto Pierre Boulle? Probabile, visto che lo ricalca aggiungendo però un altro tipo di sottotesto.

La planète des singes (portato in Italia nel 1975 dagli Oscar Mondadori) è un romanzo che con uno dei più classici spunti – il manoscritto ritrovato in bottiglia, fluttuante nello spazio! – racconta in prima persona di Ulysse Mérou e del suo viaggio spaziale iniziato nel 2500 alla volta di Bételgeuse, guidato dal professor Antelle. (Il film accenna alle teorie di un certo dottor Hasslein.)

PlaneteDesSinges1_13082002Atterrati sul pianeta Soror, gli umani incontrano umani primitivi e scimmie parlanti e tutto il resto che si vede anche nel film. Rimasto da solo in gabbia, Ulysse – che ovviamente non capisce cosa dicano le scimmie – racconta della sua prigionia e delle cure della dottoressa Zira, che gli insegna a parlare “scimmiesco”. Convinte le scimmie che lui non è un primitivo bensì un viaggiatore stellare, viene liberato e fa carriera nella società di Soror, partecipando agli scavi archeologici scoprendo alla fine una verità terribile… No, non è quello che pensate!

Boulle non sta parlando di fantascienza, sta plausibilmente raccontando della sua prigionia nelle galere asiatiche, dove non capiva cosa dicessero e dove si rifiutavano di riconoscere la sua superiorità in quanto francese.

Il pianeta delle scimmiePerché l’Asia era il giardino di casa della Francia finché non è esploso tutto, ed è questa la “rivelazione” che si scopre nel romanzo: le scimmie erano i servi terrestri che un giorno si sono ribellati e hanno cominciato a guardare negli occhi i loro signori. Gli umani di Soror si sono lasciati andare e le scimmie hanno preso il sopravvento. (Leggi, gli europei hanno sbragato e le scimmie asiatiche hanno alzato la testa.)
Quando Ulysse decide che non può restare, torna nella sua nave e viaggia fino alla Terra – perché Soror non è la Terra! – ma appena sbarca scopre che nel pianeta natale è successa la stessa cosa: non è difficile vedere dietro questa trovata l’eco delle emozioni provate da Pierre Boulle quando, dopo il tempo passato nelle prigioni asiatiche, è tornato a casa per non ritrovare il Paese padrone dell’Asia che aveva lasciato.

Tutte le metafore originali vengono cancellate dagli sceneggiatori Michael Wilson e Rod Serling: sì, proprio quel Rod Serling! Sì, proprio l’autore della serie TV Ai confini della realtà. Sì, proprio l’autore dell’episodio 1×15 (I Shot an Arrow into the Air, 1960), in cui un’astronave terrestre atterra nel deserto e i tre membri dell’equipaggio sono convinti di essere su Marte… invece il colpone di scena è che sono sulla Terra. Vi dice niente?

L'astronauta che cadde su Marte... e scoprì che invece era la Terra!

L’astronauta che cadde su Marte… e scoprì che invece era la Terra!

Rod Serling ricicla il suo proprio soggetto – tre astronauti naufragano su un pianeta desertico e alla fine scoprono che è la Terra – e lo amalgama col romanzo pseudo-fantascientifco di Boulle ma… amalgamandolo con ciò che sta succedendo nel mondo in quel periodo. E, è il caso di dirlo, ricopiando para para la copertina della rivista “Fantastic Universe” (vol. 1, n. 2, agosto-settembre 1953), con esploratori spaziali che scoprono la Statua della Libertà immersa nella sabbia fino al busto.

Tra le più iconiche immagini della storia del cinema… anche se proprio NON originale

Il Zinefilo non è all’altezza di disquisire di metafore, non starò qui a notare che il film è del 1968 ed è sciabordante di richiami agli scontri con la nascente cultura giovanile dell’epoca, quando invece Heston rappresentava il patriarcato più oltranzista e tradizionale.

Non starò a notare che appena può Heston si rade, perché tra la sua gente solo i giovani portano la barba lunga; non starò a notare che le scimmie sedano le rivolte con l’uso di idranti e soprattutto che le scimmie protagoniste hanno problemi di razzismo… e hanno i cognomi che finiscono in -us, come i neri… (Chi ha detto Cassius Clay?)

Tutto questo esula da questo blog, però una citazione va segnalata. Quando Heston si avvicina al giovane Lucius (Lou Wagner) e gli dice «Continua a spiegarle, le bandiere del malcontento: e non ti fidare di nessuno sopra i trent’anni.» E così il pubblico sessantottino è acchiappato.

Bravo Lucius, giovane scimmia: continua a scherzare i filmacci, vedi che fine fai!

Bravo Lucius, giovane scimmia: continua a scherzare i filmacci, vedi che fine fai!

L’8 febbraio del 1968 Planet of the Apes viene presentato in anteprima a New York: ve li immaginate gli spettatori che si vedono su grande schermo le rovine della Statua della Libertà?

Il 27 marzo successivo esordisce a Los Angeles: ve li immaginate gli spettatori che si vedono le migliori location californiane trasformate in città scimmiesche?

Il pianeta delle scimmie [1968-05-04]

Il film arriva nelle nostre sale il 4 maggio 1968… a soli due mesi da quel 10 marzo in cui a Roma gli idranti della polizia danno il via a quella che viene chiamata “La battaglia di Valle Giulia”. Poliziotti in divisa che aprono il getto d’acqua contro studenti dai capelli lunghi: la scena è ricreata identica nel film proiettato su schermo, quando questo arriva nella Capitale il 1° giugno 1968.

«Una bestia in divisa resta una bestia» (Frankie Hi NRG MC)

«Una bestia in divisa resta una bestia» (Frankie Hi NRG MC)

Il pianeta delle scimmie esce in VHS per Domovideo e CBS-FOX (1991). La 20th Century Fox lo porta in DVD dall’11 febbraio 2003, in DVD Special Edition dal 10 maggio 2004 e in Blu-ray dal 19 novembre 2008.

Per chiudere, due curiosità.

Il celebre attore Edward G. Robinson, gangster di moltissimi film in bianco e nero, era stato ingaggiato per il ruolo di Zaius – lo scienziato santone scimmiesco che se la comanda per tutto il film – ma ha dovuto rifiutare perché aveva precedenti impegni per un ruolo inutile e secondario nel western L’oro di Mackenna.

Infine, un minuto di silenzio per Dianne Stanley, che ha interpreto l’unica donna dell’equipaggio terrestre, Stewart, per soli cinque secondi: il personaggio muore subito e non può partecipare alla grande saga successiva… che vedremo i prossimi venerdì sul Zinefilo delle Scimmie!

L.

P.S.
Vi ricordo la recensione di Cassidy del film.

 

– La saga delle scimmie:

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40 risposte a Il pianeta delle scimmie (1968)

  1. Cassidy ha detto:

    Questo è quello che io chiamo un Classido;-) Non so nemmeno da dove iniziare, la parte facile: Complimenti per il pezzo… Fantastico! 😀
    Amo alla follia questo film, tutta la saga per la verità, e in particolare per la mia fissa per la fantascienza e le scimmie al cinema (storia vera), il film dal 1968, anche se tutti conoscono il finale, colpisce con enorme potenza, sia benedetto Rod Serling e la sua “Twilight Zone” (di cui avremmo bisogno anche oggi). Non ho mai letto il romanzo originale, ma mi sono studiato tutte le differenze, e pur essendo un figlio del suo tempo (il 1968 è stato un grande anno per le scimmie al cinema…. 2001 di Kubrick) è un film molto più curato di molti blockbuster moderni. E poi…. Charlton Heston, che te lo dico a fà? 😉 Bellissima la locandina che consiglia di vedere il film dall’inizio… Altri tempi 😉 Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Mi sono divertito e punzecchiarlo ma gli voglio un gran bene. Da ragazzino ino ino vidi l’intera pentalogia – tipo sulla Rai ma non ci giurerei – e mi colpì tantissimo. Questo primo l’ho rivisto diverse volte, ma mai più gli altri: quindi me li sto pregustando!
      Dal punto di fantascientifico ovviamente il film è migliore del romanzo di Boulle, che infatti NON è fantascientifico, e di quello di Miller-De Camp perché è veramente datatissimo: Charlton Heston che spara frasi maschie tra le scimmie è senza età, lo devi solo guardare e battere le mani 😛

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      • Giuseppe ha detto:

        Come si battevano le mani al cinema, e te lo dice appunto uno che la pentalogia l’ha vista per la primissima volta al cinema decenni fa (bei tempi, quando ancora esistevano le sale specializzate nel fantastico) per poi, a intervalli più o meno regolari, cercare di rivedersela tutta – ancor prima dell’avvento dei comodissimi dvd – non appena ne aveva l’occasione 😉
        Dopo questo “punzecchiante” post con le sue doverose digressioni letterarie, son curioso di leggere quello che scriverai a proposito degli altri capitoli della saga…
        P.S. Un genio quale Rod Serling era poteva davvero permettersi di fare quello che voleva, compreso sostituirsi a Boulle con una propria e già sperimentata visione “Ai confini della realtà”, senza farci rimpiangere per nulla il distacco dal modello letterario. Modello al quale invece si sarebbe attenuto maggiormente, seppur a modo suo, il molto poco osannato remake su commissione di Tim Burton (ho comprato pure quello eh, mica credere)…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Invidio l’epoca in cui si potevano vedere queste cose al cinema ^_^
        Negli anni Ottanta, l’epoca della mia infanzia, si andava al cinema ancora spesso e volentieri, qualsiasi fosse la qualità del film. Poi tutto è diventato modaiolo temo già dai Novanta: il blockbuster del momento aveva una fila di gente che non riuscivi ad entrare, ma tutti gli altri film un pochino meno noti avevano la sala vuota!
        Rivisto da poco quello di Burton, temo che l’attinenza con il romanzo sia ancora più labile di quello del ’68: è un rimaneggiamento e una reinterpretazione del film, non del romanzo: infatti il finale, dove invece vuole legarsi al romanzo, è posticcio…

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  2. Denis ha detto:

    Ai confini della realtà e stata recentemente ritrasmessa su Rai 3,Charlon Heston nei ’70 fece bei film ,Soylent Green(incontra Edward G. Robinson).1975 occhi bianchi sul pianeta terra,la saga delle scimmie,l’ho visto di recente nell’eccezionale L’infernale Quinlan per poi diventare presidente della NRA in cui in Bowling for Columbine fa una brutta figura e ne esce bene Marylin Manson!!
    Piccolo enigma per l’etrusco in quale film compaiono l’ultimo dei moicani,Hannibal the cannibal e Mad Max nella stessa scena?

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  3. loscalzo1979 ha detto:

    Pezzone, mi divorerò ogni prossimo episodio di questo ciclo 🙂

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  4. Giuseppe ha detto:

    Eh, sì… Quello è il classico finale che per funzionare davvero fino in fondo, anche a prescindere dalla conoscenza di Boulle, avrebbe necessitato di un sequel immediato che, come sappiamo, non ci fu. Del resto, qui si era agli inizi del periodo di minimo splendore burtoniano in assoluto, ed anche un film su commissione come questo deve aver finito (in parte) per risentirne: al di là della confezione professionale, tale da non renderlo esattamente quella ciofeca inguardabile che molti hanno decretato essere senza appello, abbiamo comunque – ad essere obiettivi – un impasto in parti non uguali di Schaffner, Boulle (es. viaggio nello spazio/nel tempo, entrambi rivisitati rispetto alla matrice letteraria e amalgamati al film in modo personale dal regista) e Burton stesso dove però, alla fine, non si vede emergere nessuno dei tre 😦

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  11. paolodelventosoest ha detto:

    Gosh! Mi vien da dire questo: da recensioni così c’è solo da imparare! Chapeau!!!

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  12. Fra X ha detto:

    Anche a me non dispiace il film del 2001, però

    “, abbiamo comunque – ad essere obiettivi – un impasto in parti non uguali di Schaffner, Boulle (es. viaggio nello spazio/nel tempo, entrambi rivisitati rispetto alla matrice letteraria e amalgamati al film in modo personale dal regista) e Burton stesso dove però, alla fine, non si vede emergere nessuno dei tre”

    Già!

    “Negli anni Ottanta, l’epoca della mia infanzia, si andava al cinema ancora spesso e volentieri, qualsiasi fosse la qualità del film. Poi tutto è diventato modaiolo temo già dai Novanta: il blockbuster del momento aveva una fila di gente che non riuscivi ad entrare, ma tutti gli altri film un pochino meno noti avevano la sala vuota!”

    Beh, insomma, non esageriamo! Magari un America! XD

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  14. nik96 ha detto:

    io adoro questo film è un grande Cult imperdibile.

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