Shadowchaser 3 (1995) Terrore sull’astronave

Questa settimana è iniziata con un film consigliato da un amico del Zinefilo e prosegue con un nuovo amico, Phil, che mi passa la rarissima edizione italiana in questione: la Z è potente in lui.

Squadra che vince non si cambia. Ma squadra che pareggia? Boh, nel dubbio non si cambia manco quella. Squadra che fa filmacci senza trama con Zagarino? Bah, a questo punto non si cambia mai niente.
La EGM Film International perde per strada Geoff Griffiths ma come produttore guadagna Scott Adkins – no, non quell’Adkins! – che in seguito punterà i suoi soldi su perle Asylum come Snakes on a Train (2006) e Zombie Apocalypse (2011).
Lo storico Avi Lerner e la sua Millennium Films ci sono, così come c’è il regista John Eyres, per l’occasione anche co-produttore insieme a Paul Eyres (sarà parente?), ma quel che più conta è che c’è Nick Davis, il tecnico degli effetti speciali di film di serie A che ha però iniziato la carriera fingendo di fare lo sceneggiatore: per fortuna dopo DNA (1996) sono riusciti ad impedirgli di andare oltre in quella mansione.

Conoscete l’androide, conoscete il colore dei suoi capelli e conoscete la Z nei suoi occhi: siete pronti per Project Shadowchaser III.

Qualsiasi riferimento a precedenti Shadowchaser è semplicemente falso

Sbarca nelle TV americane il 20 luglio 1995 e all’incirca l’anno successivo arriva nelle nostre videoteche grazie alla storica Number One Video, con il titolo Terrore sull’astronave.
L’unico passaggio televisivo noto è nella notte di domenica 29 marzo 1998 su Rai2, con il titolo Project Shadowchaser III.

Rarissimo titolo della rarissima VHS italiana: grazie a Phil!

Sono un zinefilo dai gusti semplici: con un’astronave nello spazio mi comprate facile. Quella che apre la vicenda è un tipico modellino ripreso su sfondo dipinto (il mitico matte painting) e il cuore mi si scioglie, perché è la tecnica con cui sono cresciuto: sarà il cuore a parlare, ma trovo molto più profonde e “vere” le scene girate con questo sistema.
Nostalgia canaglia a parte, nulla ci viene spiegato di questi primi minuti se non che a bordo della nave in questione una certa Tatiana – chi è Tatiana??? – prega i suoi compagni di viaggio abbrutiti di non ucciderla, prima che un laserone la fulmini. Va be’, come premessa è parecchio nebulosa.

Ah, lo spazio di una volta…

Facciamo un salto di venticinque anni in avanti e saliamo a bordo della «Stazione di comunicazione Comstat-5 in orbita intorno a Marte, addetta al controllo delle trasmissioni dalla Terra alle colonie più lontane». Sono anni in cui storie di generi diversi partono per lo spazio, se penso agli horror Hellraiser 4 (1996), Mind Breakers (1996) e al successivo Jason X (2001).

Negli anni Novanta l’horror ha conquistato lo spazio

Da Alien (1979) in poi sembra impossibile concepire un equipaggio spaziale verosimile: nei documentari che ho visto inerenti la Stazione Spaziale Orbitante non c’è mai una mensa dove l’equipaggio mangia, beve e gioca a carte. Invece dopo il film di Scott sembra quasi obbligatorio, come ritroveremo anche in Punto di non ritorno (1997).

L’astronave della cuccagna, dove se beve, se gioca e se magna

La goliardia di questi astronauti che stanno per staccare il turno e tornare a casa viene interrotta dall’entrata in scena della Siberia, il vascello minerario russo che ha aperto la storia e che riappare dopo 25 anni con il suo carico di segreti: oh, avevo appena citato Punto di non ritorno
Lo spazio è grandicello, eppure… la Siberia è in piena rotta di collisione con il Comstat-5 dei nostri eroi!

Ma con tutto l’universo a disposizione… proprio qui devi passare?

Il cozzo spaziale costringe i superstiti del Comstat-5 a salire a bordo della Siberia e cercar di capire l’origine dei problemi, stando ben attenti a citare prima Alien

Oh, il primo che trova uova in giro si fa i cazzi suoi, eh?

… poi Aliens (1986)…

Qui mi sa che sta per uscire qualcosa dalle fottute pareti

Ripley e Gorman confermano!

… e poi La Cosa (1982): diciamo che John Eyres ha fatto i compiti!

Scusi, uomo surgelato: parla svedese?

Sulla nave i nostri eroi trovano una registrazione di uno dei precedenti passeggeri – guarda caso il padre della protagonista, ma quant’è piccolo l’universo! – da cui apprendono che un virus informatico misterioso ha assalito il sistema dell’astronave, tanto per scopiazzare pure da Alien Intruder (1993), e da quello è passato nell’androide di bordo. Che ha cominciato ad ammazzare tutti.
Detta così sembra quasi una cosa credibile, ma quello che i poveri malcapitati non sanno è che, per motivi ignoti a qualsiasi logica e tecnologia, quell’androide… si trasferisce nelle proprie vittime mediante scariche di luce come in Space Vampires (1985)!

Ti sparo la luce in bocca!

Se pensate che questa sia una trovata priva di senso, occhio che ora viene il bello: non pago di questo “passaggio luminoso”, crea delle vere e proprie copie robotiche delle proprie vittime. Un’idea illogica e imbarazzante ma che esiste solo perché gli autori volevano creare le atmosfere de La Cosa, con i protagonisti che non si fidano l’uno dell’altro perché potrebbe esserci un “replicante robotico” fra di loro.

C’è pure la Vasquez dei poveri…

Dopo un’ora e venti di queste minchiate – ripeto: un’ora e venti su un’ora e quaranta di film! – arriva finalmente Frank Zagarino, purtroppo relegato a misera comparsata di pochi minuti.

M’avete chiamato… m’avete meritato!

Dimentichiamoci il montagnoso androide a petto nudo dei precedenti film, stavolta è in versione “Terminator scassato”. Infatti lo vediamo solo dopo un “trasferimento luminoso”: si era trasformato in uno dei personaggi in canottiera e, una volta smascherato, riprende la sua vera forma… con giacchetto. Quindi anche il giacchetto è creato appositamente dal virus informatico?

Zagarino è così tosto che ha pure il giacchetto simbionte!

Perché un androide che può assumere qualsiasi forma non è in grado di mettersi a posto la faccia? Basta domande, questo è un film scritto da Nick Davis, un “Boh-Man”, cioè uno che quando il regista gli chiede “Ma perché questo personaggio dice ’sta stupidata?” lui risponde “Boh”.
Però è uno che ha visto tutti i film giusti, così se non bastasse la videoteca di titoli fin qui citati, buttiamoci pure in mezzo Predator (1987): non ci crederete, ma il super-androide dai grandi poteri… perde la vista se ci sono luci che sfarfallano! Un’altra ridicola buffonata che serve per ricreare la scena di Schwarzy che fissa il Predator, invisibile ai suoi occhi. Ma ovviamente in chiave Z.

Quello a sinistra non sarà Predator, ma quello a destra non è certo Schwarzy

Come dicevo, sono un zinefilo dai gusti semplici, e questo film è pieno di elementi che mi divertono: purtroppo è cucinato così male che il risultato è drammaticamente inferiore alla somma delle parti.

Il dolce musetto di Musetta

Eppure protagonista è Musetta Vander, che ho conosciuto per la prima volta come la perfida Sindel di Mortal Kombat 2 (1997) ma ho molto apprezzato nel ruolo protagonista di MosquitoMan (2005): la sua sola presenza rende quel filmaccio degno d’esser visto… e vale anche per questo!

Uno dei buoni motivi per vedere il film

Proprio come i succitati film di altri generi ma ambientati nello spazio, anche in questo caso nella trama non ha alcun peso l’ambientazione cosmica: la struttura di Project Shadowchaser III è perfettamente sovrapponibile a Leviathan (1989), che era ambientato in fondo al mare. Serve solo un motivo per tenere un gruppetto di beoti chiuso in uno spazio ristretto a prendere sempre e solo decisioni sbagliate, a dire “stiamo uniti ma io scendo un attimo in cantina al buio da solo”, a salire le scale, scendere le scale, aprire le porte, chiudere le porte, a dire “John, sei tu?”, a dire “Chi c’è lì?” (sei solo nello spazio, sant’Iddio, chi cazzo pensi ci sia?) e in generale a sciorinare tutti i difetti del genere horror con tutte le sfumature di marrone del caso.
Però, come dicevo, presi singolarmente ci sono elementi da apprezzare. Per esempio il ritorno di Ricco Ross, lo storico Colonial Marine Frost di Aliens (1986) che già era nel cast protagonista del primo Shadowchaser.

Dovunque lo metti, Ricco Ross fa la sua figura

Poi c’è il cane Max che fa le veci del gatto Jonesy di Alien (1979), ricreandone quasi identiche le gesta, ma mi sento di tenere per ultimo il meglio. Cioè Zagarino e le sue frasi maschie.
D’un tratto, senza alcun motivo, l’androide comincia a parlare. È ridotto un troncone robo-umano, un T-800 a fine Terminator (1984) in attesa della pressa di Sarah, ma mentre si avvicina lentamente ai protagonisti, trascinando il busto senza gambe, riesce a dire… «Scusate il ritardo: spero di non essermi perso niente»… Perso niente, capito? S’è perso le gambe! E basta, la Z trionfa potente!

Anche diviso a metà, Zagarino spacca!

Proprio negli ultimi minuti di film l’androide diventa interessante e comincia a parlare più di quanto Zagarino abbia fatto nei precedenti film. «È sempre così: quando uno pensa che le cose vanno bene, c’è sempre qualche stronzo che rovina tutto!»
Ma che c’entra? Non si sa, è pura Z senza se e senza ma…

Io… vengo… in Z!

Un delirio delirante chiude il sipario di un film che non va considerato nella sua interezza ma solo nelle singole parti, cioè nella somma delle sue scopiazzature dai film giusti.
I mediocri rubano: i geni usano Zagarino!

L.

– Ultimi “cyborg di menare”:

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13 risposte a Shadowchaser 3 (1995) Terrore sull’astronave

  1. Evit ha detto:

    Ad ogni immagine dal film pensavo: lo voglio! Lo voglio! LO VOGLIO! 😄

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  2. Cassidy ha detto:

    Genio puro, in questo spremuta di tutti i film giusti, con l’aggiunta di Zagarino, qui siamo proprio nella stratosfera Zinefila 😉 Penso che la figura lavorativa del “Boh-Man” deve essere esplosa negli ultimi anni, questo spiegherebbe perché i film contemporanei di serie A sono pieni di momenti Boh. Gran post mi sono spaccato dal ridere dall’inizio alla fine. Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ho visto il film ieri per la prima volta, e credevo ad uno scherzo: possibile che ogni singolo fotogramma sia una citazione-scopiazzatura da un altro film più famoso? 😀
      Un’opera titanica, su questo non ci piove.

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      • Giuseppe ha detto:

        Ah, l’hai visto ieri per la prima volta? Beh, allora capisco perfettamente le tue reazioni di fronte a questo assai poco sensato minestrone di citazioni senza trama (e a basso contenuto di Zagarino)… Alla seconda visione non ci fai più nemmeno caso, al limite ti chiedi chi te lo ha fatto fare di rivederlo una seconda volta 😜

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Non so se avrò mai il coraggio di una seconda visione, però rimpiango di non averlo visto all’epoca: penso mi sarebbe piaciuto molto di più 😛

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  3. Willy l'Orbo ha detto:

    Ahahahahah! Magnifico! MAGNIFICO!
    Ora la questione è la seguente: il mio attributo glorificatore si riferisce al film, alla tua recensione o a Zagarino?
    A tutte e tre le cose: il film, hai ragione da vendere, va considerato nelle singole parti e in quelle tra citazioni in salsa bislacca e amenità varie…diverte! La tua recensione, come al solito, è una chicca e stavolta mi hanno folgorato alcune didascalie come l’astronave della cuccagna e io vengo in…Z!
    Zagarino è…Zagarino, le fasi finali del film con le sue frasi e il suo “moncone”….ahahah! Magnifico!
    Tocca ripetersi 🙂

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  5. Luca ha detto:

    Sarò impopolare ma per me è il migliore della serie. Comunque ho il sospetto che nel finale non sia lui ad interpretare il cyborg ma un menomato debitamente truccato.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Può darsi che abbiano scelto una controfigure alla bisogna 😉
      Sicuramente a livello di trama è il migliore della serie, ma il fatto che i successivi siano peggiori non vuol dire che questo sia un film riuscito: un pizzico di impegno in più e c’erano gli elementi per farne un gioiellino. Rimane comunque una visione divertente 😉

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