La febbre marziale è cresciuta e Chuck… è il termometro!
I critici possono dire quello che vogliono di Good Guys Wear Black, ma a decidere il successo di un attore è solo il pubblico. La massacrante campagna pubblicitaria che Chuck Norris ha fatto, paesino per paesino, promuovendo un film che non ha mai avuto distributori ed è stato venduto direttamente dai produttori alle sale cinematografiche, ha dato i suoi frutti. I piccoli cinema e i drive in l’hanno replicato a manetta e si può dire tranquillamente che Chuck ha avuto il suo lancio.
Alla rivista “Black Belt” (novembre 2004) Norris racconterà che durante la proiezione del film in un drive in lui era al bar quando ha notato una donna incinta. Il marito di quest’ultima era in auto, preso dal film, e la donna d’un tratto ha iniziato il travaglio: Chuck ha aiutato la gestante mentre arrivava l’ambulanza, tanto che la neo-mamma gli ha promesso di dare il nome Chuck a suo figlio. Che questa storia sia vera o meno, non importa: sono i primi vagiti del biondo eroe americano.
Il produttore Allan F. Bodoh è contento del risultato del film e chiede subito a Norris un altro prodotto, e il lottatore – che è abbastanza umile da non avere manie di grandezza e coinvolgere sempre gli amici – si affida ad un suo allievo: la sua cintura nera Pat Johnson.
Johnson lo conoscete tutti ma non lo sapete, lo avete visto tutti a vostra insaputa. Vi ricordate lo storico combattimento finale di Karate Kid (1984)? Quando Ralph Macchio assume la posizione della gru del kung fu cinese facendoci credere sia karate giapponese? Vi ricordate chi arbitra l’incontro? Ecco: quello è Pat Johnson.
Da semplice stuntman agli albori del cinema marziale – lo trovate ne I 3 dell’Operazione Drago (1973) e in Johnny lo svelto (1974), cioè tra i vagiti della versione americana del cinema marziale – ha fatto carriera e in tempi recenti ha coordinato le scene d’azione di Punisher: Zona di guerra (2008) e scusate se è poco.
All’epoca in cui Chuck vuole diventare attore, Pat vuole diventare sceneggiatore, così quando l’amico lo coinvolge gli dice: «Sei un campione mondiale di karate: scriviamo una storia su un campione mondiale di karate». In fondo, la regola è “scrivi sempre di ciò che conosci”.
Il risultato è A Force of One, alla cui produzione ritroviamo Michael Leone ma misteriosamente scompare nel nulla Allan Bodoh: chissà che gli è successo…
Il film rappresenta il primo titolo prodotto dalla casa fondata appositamente, quella American Cinema Productions che durerà molto poco, probabilmente perché farà lo stesso errore di tante altre: nascere con un genere e subito rinnegarlo, dandolo per morto.
Come il precedente, anche questo film arriva in Italia in ritardo, e solo quando Chuck è ormai un volto notissimo e quindi pronto per il ripescaggio di qualsiasi suo film precedente.
La prima apparizione nota risale a sabato 14 febbraio 1987 – perfetto film di San Valentino! – quando viene trasmesso alle 19.45 su Montecarlo con il titolo La polvere degli angeli, nome molto noto in Italia sin dal 1978 per essere quello della “droga americana”.
Replicato circa ogni due anni dal canale, venerdì 31 dicembre 1993 viene “promosso” su Rai2 alle 0,10: in pratica, è il primo film trasmesso dall’emittente nel nuovo anno 1994. Dopo di che, viene gettato negli archivi RAI e perso per sempre come centinaia di altri film della Rete ammiraglia.
Uscito in rarissime edizioni VHS Playtime e Center Video, in data ignota, conosce addirittura tre edizioni DVD:
- Cult Media/DNC 2002, dal titolo A Force of One e splendida locandina
- Hobby & Work 2010, dal titolo A Force of One. La polvere degli angeli, schifosa locandina posticcia fatta per la collana da edicola “Chuck Norris. Il mito”
- Misteriosa edizione del 2012, ancora in vendita su Amazon, dal titolo La polvere degli angeli e copertina posticcia così così.
Nella mia collezione ho solo le prime due edizioni.
Siamo in una non meglio specificata Santa Madre, che immagino sia una città-simbolo californiana, e siamo in piena recrudescenza del traffico di droga, spacciata mediante un ragazzetto biondo con i jeans strappati, chiara manifestazione di “drogheria”. Malgrado gli intensi sforzi della polizia locale – che in realtà sono quattro tizi seduti in una stanza che non assomiglia ad un distretto di polizia neanche con tutta l’immaginazione del mondo – il crimine serpeggia e la droga drogheggia.
Come se non bastasse, il nuovo spacciatore in città utilizza un sicario che uccide con mosse di karate, quella nuova arte letale di cui tutti parlano e contro la quale la polizia non ha difese. L’unica è rivolgersi ad un campione di karate: indovinate chi è l’unico disponibile?
Campione in carica, Matt Logan (Norris) è l’unico che sappia aiutare i detective a gestire questa strana situazione di “droga marziale”, essendo quello che i poliziotti definiscono «uno di quei supereroi di karate, come al cinema»: frase che denota chiaramente l’entrata nell’immaginario collettivo locale delle arti marziali al cinema, per nulla scontato negli Stati Uniti di fine anni Settanta.
Convinto ad aiutare le forze dell’ordine, Matt organizza per la squadra anti-crimine un corso intensivo di karate per auto-difesa, insegnando loro le tecniche per disarmare un criminale… che onestamente credo che qualsiasi poliziotto già conosca o dovrebbe conoscere, prima di diventare effettivo sulle strade.
Possibile che questo film abbia lasciato traccia dell’entrata delle tecniche marziali di auto-difesa nelle forze di polizia? Di sicuro nel 1982 i poliziotti della serie TV “T.J. Hooker” le conoscono bene, e addirittura William Shatner usa un tonfa! Non mi sembra che Starsky e Hutch usassero alcuna tecnica simile…
Dopo un intenso corso di mezz’ora, ora i poliziotti ne sanno probabilmente meno di prima, infatti nel resto del film non dimostrano la minima propensione ad utilizzare ciò che hanno appreso. Ma tanto non c’è bisogno: nelle indagini piomba il baffo che uccide!
Mentre aiuta la detective Mandy Rust (Jennifer O’Neill), che inevitabilmente si innamora di lui, il nostro Logan deve anche pensare a mantenere il suo titolo contro il pericoloso Starks, campionissimo che fa malissimo e che rappresenta l’esordio cinematografico di un altro vero atleta, destinato ad un futuro cinematografico poco prolifico ma di alto livello.
Sto parlando di Bill Wallace, campione di kickboxing e anche lui – come tutti – buon amico del baffo d’oro. Se pensate che Chuck Norris non sia un bravo attore… è perché non vi è capitato di vedere recitare Bill Wallace: al suo confronto, Chuck è De Niro!
La situazione degenera quando il pericoloso assassino del karate – chissà chi sarà mai, visto che oltre a Chuck c’è solo un altro campione nel cast… – uccide il figlio adottivo di Logan. «Madornale errore», direbbe Jack Slater. E questo picco di emotività se da una parte non smuove neanche un pelo dei baffi del nostro Chuck, dall’altra gli dà l’occasione di sparare la sua prima “frase maschia” in carriera:
«Chi ha fatto questo… si è condannato a morte.»
Parola di Chuck Norris!
Sia la prima parte del combattimento finale tra Chuck e Bill, cioè quello sul ring, sia il match che apre pellicola vengono girati in un’arena sportiva di San Diego, in cui vengono fatte sedere comparse a centinaia. Devono entusiasmarsi all’incontro, ma un gruppo di latino-americani d’un tratto comincia a diventare un po’ troppo molesto, come ci racconta Chuck nella sua autobiografia.
«Mentre io e Bill combattevamo lanciavano roba sul ring, rovinando scena dopo scena. Nessuno voleva dir loro qualcosa perché era chiaro che stessero cercando l’occasione giusta per piantare grane. Naturalmente avremmo potuto chiamare la polizia, ma quello avrebbe potuto peggiorare la situazione invece che risolverla.
Suggerii al regista di interrompere le riprese ed andai a parlare con quei tizi. Mi sedetti in mezzo al loro gruppo e notai subito che alcuni di loro avevano coltelli e pistole. Però molti di quei tizi avevano visto L’urlo di Chen ed avevano adorato la scena del mio combattimento contro Bruce Lee nel Colosseo. Cominciarono a farmi domande e io risposi a tutti, mentre il regista ci guardava e si mordeva le dita.»
La diplomazia di Chuck funziona e finalmente la gang si limita a fare del semplice tifo senza più rovinare le riprese.
Norris non lo specifica, ma il regista a cui fa riferimento è il quasi esordiente Paul Aaron, che non farà molto in carriera quindi non vale la pena soffermarcisi.
Proprio come il precedente film, anche A Force of One nessun distributore vuole toccarlo a mani nude, così si riparte a fare l’auto-promozione e a venderlo direttamente alle sale cinematografiche. Chuck rifà lo stesso giro di prima, tanto ormai conosce tutti i paesini sperduti degli Stati Uniti, e a seconda di dove arriva promuove Good Guys War Black o il nuovo A Force of One.
Parte integrante di questo giro promozionale è costituita dalle dimostrazioni di karate che Chuck organizza nelle scuole locali, eventi molto richiesti e molto apprezzati. A New York capita di fare una di queste dimostrazioni in una scuola esclusivamente frequentata da ragazze, tanto che il nostro Norris si dice: sarà una passeggiata, non ci saranno ragazzoni desiderosi di provare a buttarmi giù.
La dimostrazione va giù liscia, alla fine Chuck fa casuale menzione del fatto che il suo film è nei cinema del quartiere, e poi passa a stringere mani: una ragazza lo afferra per la mano e lo fa volare in aria! Prima che si renda conto di cosa stia succedendo, sente altre ragazze tirarlo per il gi e strapparne pezzi finché interviene la sicurezza della scuola. Mai abbassare la guardia, specialmente con le ragazze!
Malgrado nessun distributore sia stato disposto ad investirci, Good Guys Wear Black incassa 18 milioni di dollari e A Force of One 20, così come il compenso personale di Chuck è passato dai 40 mila dollari del primo film ai 125 del secondo. Aveva ragione McQueen: la critica non conta, quel che importa è come risponde il pubblico.
È ormai chiaro che il pubblico stia reagendo molto bene a questo tipo di prodotti, e mentre già scorrono i titoli di coda esce ad iscriversi alla palestra marziale sotto casa.
La richiesta è così alta e in rapida crescita che da pochi anni è tornato in patria americana Stephen K. Hayes ed ha iniziato ad aprire palestre che insegnano lo stile che lui ha appreso in Giappone. No… non è karate.
Norris sta dimostrando che il pubblico vuole arti marziali al cinema, Hayes che le vuole in palestra: non lo sanno ancora, ma sono i due poli dei successivi decenni di marzialità americana. Chuck però batterà Stephen sul suo territorio, perché prima di tutti porterà al cinema ciò che Hayes insegna in palestra: il ninjutsu.
Riposatevi, questa settimana, perché la prossima… arrivano i ninja!
L.
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La fighissima locandina mi ha fatto pensare ad un film di Chuck Norris diretto da Jodorowsky 😉 Forse la storia della donna in travaglia, è il primo “Chuck Norris fact” messo in giro da Chuck Norris! Altro gran post, ma più potente dei calci di Chuck, solo il paragone con “L’autodifesa contro la frutta fresca” che mi ha ucciso, ho dovuto interrompere la lettura per ridere, colpo di genio! 😀 Il venerdì è già un giorno che inizia bene, ma con questa rubricona su Chuck inizia davvero al meglio! Cheers
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ahaha appena ho visto la scena di Chuck che combatte con una ragazzina era inevitabile tornare ai Monty Python 😀
Sai che è davvero inspiegabile quella locandina? Non ha nulla a che vedere con la storia, visto che non c’è nulla di “mistico”, e soprattutto dubito che sia Chuck Norris, da sempre più che vlloso sul petto, mentre il modello della locandina mi sembra glabro.
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Magari si era depilato. Ma a occhio, probabilmente era lo skater spaccino 😛
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Chuck Norris assiste le donne in travaglio e converte i bulli allo stadio. Manca solo che plachi il lupo di Gubbio e siamo a posto ^^
E poi si lamenta per le battute su di lui 😛
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Scritta in vecchiaia, è naturale che l’autobiografia tenda all’apologia, se non addirittura all’agiografia. Basta prendere questi ricordi di gioventù come dei racconti intorno al fuoco 😛
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“Alla signora si son rotte le acque… ma Chuck Norris glie le ha aggiustate!” 😛
Altro post dettagliatissimo su di un film ormai stra-dimenticato dalle emittenti nostrane, ricordando la mirabile campagna di auto-promozione che Chuck aveva praticamente messo in piedi con le sue sole forze (con quelle ragazze ha rischiato grosso, però 😉 )…
P.S. La citazione dei Monty Python era doverosa 😀
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ahahha quando raccoglierò in volume questo viaggio, dovrò per forza rubarti la battuta, anzi potrei proprio metterla come citazione che apre il capitolo 😛
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Concordo con i commenti sopra: la biografia di Chuck si avvicina molto al Vangelo col nuovo Messia del karate che stringe mani, benedice bambini, aiuta i deboli e si immola per tutti noi.
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Amen! 😛
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Sì, concordo con i commenti sopra, Chuck risolve ogni situazione. Comunque ammiro l’impegno che ci ha messo per diventare una star!
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Non so se la sua fatica sarebbe stata premiata, se non avesse avuto la fortuna di beccare il momento giusto: di sicuro ci ha messo tutto se stesso.
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A me la storia di Chuck che gira per i paesini a promuoversi il film da solo esalta tantissimo! questo sì che è crederci!
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Oggi ogni attore sembra destinato ad infiniti giri promozionali, costretto a subire giochini in diretta nei late show e a centinaia di interviste per ogni giornale, ma magari nel ’79 forse non era pratica comune, soprattutto per film di così basso livello. Ed oggi poi gli attori hanno tutto spesato, mentre – sebbene non venga specificato – credo che Chuck si sia dovuto pagare tutto da solo, il viaggio promozionale, non avendo alcun distributore alle spalle.
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Applausi a scena aperta, come detto sopra, per questa serie di post davvero entusiasmante! Poi c’era anche la curiosità per l’ennesimo film misconosciuto del baffo che uccide ma è stata sopravanzata, oltre che dagli aneddoti, dallo spasso dettato da salopette, scontro tra peli e…un Chuck per San Valentino ❤😂
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Willy
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Contento continui ad appassionarti il viaggio ^_^
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