[Death Wish] Angelo della vendetta (1981)

Nel 1972 la narrativa d’intrattenimento dà voce alla rabbia popolare e testimonia il crollo rovinoso delle istituzioni: polizia e politica sono colluse con quei criminali che fingono di combattere, quindi la giustizia vera può arrivare solo… da un Punitore.

Nel 1990 il vostro Etrusco preferito ha 15 anni (16 ad ottobre) quando a gennaio vede per la prima volta Aliens: scontro finale (1986) su Italia1 e ad agosto esce Nikita (1990) di Luc Besson: a sedimentare per sempre il gusto per il cinema delle donne toste e armate quella stessa estate noleggio in videoteca, copiandolo su cassetta, Terrore in sala (1984), uno dei più meravigliosi documentari sul cinema horror che mi sia capitato di vedere, con brani dai più grandi film in circolazione, tutti a me ignoti, essendo da poco lettore di “Dylan Dog” quindi da poco entrato nel rutilante mondo del cinema “de paura”.
Fra i tanti grandi film che ho conosciuto (o approfondito) grazie a quel documentario, da Lo Squalo (1975) ad Halloween, da Carrie (1976) a Scanners (1981), da Rosemary’s Baby (1968) a Non aprite quella porta (1974), ce n’è uno di cui ignoravo tutto e che solo anni dopo avrei ritrovato. Il film sulla prima punitrice donna.

Tutto probabilmente è nato dalla rivoluzione sessuale del ’68, ma sta di fatto che negli anni Settanta la narrativa comincia a scoprire un personaggio fino ad allora totalmente ignoto: la donna. Nasce il sospetto che oltre a limitarsi ad inciampare e a gridare possa fare altro. Gli autori vanno dove mai nessuno è stato prima e cominciano a scrivere di donne che invece di fare da tappezzeria iniziano ad agire, e più passano gli anni più le donne diventano protagoniste di storie fino a quel momento a loro negate, limitandole a ruoli da inutile comparsa.
Ancora oggi fan e studiosi litigano sull’anno di nascita delle “donne forti” al cinema, e di solito il primo vero film viene ignorato, perché era un prodotto indipendente e di bassa qualità. Ma lo sappiamo tutti che la prima vera grande eroina è Jennifer Hills, in Non violentate Jennifer (I Spit on your Grave, 1978) di Meir Zarchi.

Nell’ottobre del ’78 Laurie dà giusto una coltellata “di reazione” al suo aggressore Michael Myers, l’anno dopo Ripley si limiterà a tirare un arpione allo xenomorfo: Jennifer Hills quel novembre 1978 si rialza dalla pozza di sangue in cui è stata abusata più volte, ricerca i propri aggressori e li massacra, uno per uno, coscientemente, in modo premeditato e freddo, con l’uso di varie armi.
Quella di Jennifer Hills però è semplice vendetta, perché si rivale su chi l’ha violentata: ci penserà Abel Ferrara a fondere il genere rape and revenge (stupro e relativa vendetta) con la narrativa dei punitori.


Prologo

Il cattivo tenente si presenta da una donna e si fa iniettare la sua dose di oblio, e mentre questo avviene lei racconta:

«I vampiri sono fortunati, si nutrono degli esseri che trovano. Noi invece divoriamo noi stessi. Dobbiamo mangiare le nostre gambe per trovare la forza di camminare. Dobbiamo arrivare per poter andar via. Dobbiamo succhiarci fino in fondo. Dobbiamo divorarci da soli finché non ci resta nient’altro che la fame.»

Sono le prove generali che Abel Ferrara sta facendo per The Addiction (1995), e se Harvey Keitel in quella terribile scena de Il cattivo tenente (1992) sta solo recitando la parte di un tossicodipendente, la donna che gli inietta la dose e recita uno dei migliori monologhi scritti da Nicholas St. John non è un’attrice. O meglio, non solo. È una tossicodipendente convinta.
Il 16 aprile 1999 l’abuso di droga fermerà il cuore di quella donna, il cui corpo è stato divorato esattamente come sette anni prima lei stessa aveva raccontato in quel film: Zoë Tamerlis (in Lund) muore all’età di 37 anni per auto-vampirismo, con addosso nient’altro che la fame.

Solo un altro votato all’auto-distruzione come Abel Ferrara poteva regalare vita eterna alla donna, quando all’età di 19 anni la trasforma nell’iconico angelo della vendetta.

Abel Ferrara (mascherato) e Zoë Tamerlis: due vampiri di sé stessi


Distribuzione

Il 29 aprile 1981 il minuscolo Ms. 45 esce nei cinema americani quando Abel Ferrara è un nome totalmente sconosciuto, e lo rimarrà ancora a lungo. Ma l’argomento è scottante e infatti addirittura la sempre distratta Italia si pappa subito il film, vistato il 19 agosto successivo.

Sapete come funzionava in Italia, agosto è il mese che i distributori usavano per proiettare in sala i film su cui puntavano meno: qualcuno l’avrà visto, in quella manciata di giorni che Angelo della vendetta rimane nelle nostre sale?

Scomparso nel nulla, bisognerà aspettare che Ferrara esploda nei primi anni Novanta per veder riemergere il film, e addirittura Gianni Letta in persona concede il nuovo visto della censura (senza alcun divieto) perché la Warner Home Video lo deve presentare ne “Gli Scudi”, cioè la sua collana economica di VHS.
Per fortuna all’epoca Tele+1 era innamorato di Ferrara e ha ripescato tutti i suoi film disponibili all’epoca, così da farmi gustare con più di dieci anni di ritardo questa prima punitrice.

L’arrivo del digitale in Italia corrisponde al crollo totale di Ferrara, quindi trovare suoi film in DVD italiani è impresa abbastanza ardua.


Da sartina a Punitrice

Siamo a Manhattan, in quell’alba degli anni Ottanta in cui il paternalismo maschilista non è più un valore fondante della società, in cui cioè persino un maschio può rendersi conto che la società è cambiata e certi atteggiamenti si sono fatti sgradevoli.
Regista e sceneggiatore di questo film sono maschi, eppure malgrado manchino trent’anni alle pseudo-lotte femministe nel mondo dello spettacolo già sono in grado di capire che gli spettatori maschi sono cambiati, e per far capire loro la situazione incresciosa in cui versa la protagonista… la fanno entrare in scena con il capo-ufficio che la chiama “dolcezza” (honey) e le batte la mano sulla testa come fosse un cagnolino.

Come raccontare tanto retroscena di un personaggio con un semplice gesto sgradevole

Thana (Zoë Tamerlis) è una delle «migliori sartine in città» (best seamstresses in town), è una giovane muta palesemente meno abituata delle colleghe a gestire i maschi importuni delle vie di New York, e il suo abbigliamento casto non fa pensare che lavori per una grande azienda di moda.

La vostra amichevole sartina muta di New York

La conosciamo nel giorno peggiore della sua vita. Non solo mentre ritorna a lavoro viene aggredita e violentata da uno sconosciuto (Abel Ferrara stesso, mascherato), ma al suo ritorno a casa ci trova dentro un ladruncolo che pensa bene di fare il bis. Anche la più sottomessa sartina muta in città ha un punto di rottura, e Thana lo raggiunge.
Approfittando dell’attimo di distrazione dello stupratore, provocato dall’orgasmo, Thana agguanta un soprammobile e colpisce l’aggressore alla testa. Un istante dopo è sopra di lui con un ferro da stiro: basta solo un colpo per far nascere una nuova punitrice in città.

Tirare un colpo di ferro da stiro sulla vecchia vita

Il gesto è stato istintivo ma è chiaro che lo stress post-traumatico ora si sia impossessato della donna e non risponderà più agli stimoli come faceva prima. E sicuramente mai avrebbe pensato un giorno di doversi liberare di un cadavere facendolo a pezzi nella vasca da bagno, per poi gettarlo nella spazzatura un po’ alla volta.

Con quel coltello da pane mi sa che ci vorrà un mese a tagliare il corpo…

Thana prova a continuare la vita di prima, ma è palese che non sia più la donna di prima. A lavoro è sempre distratta, con immagini di violenza che le riempiono la mente proprio come i ricordi del Vietnam dei suoi colleghi maschi, e per strada non è più disposta a subire la prepotenza maschile come una volta. Ora non si tiene tutto dentro. Ora butta tutto fuori. E per “tutto” intendo un proiettile calibro 45.

Dove c’era una sottomessa sartina muta…

… ora c’è Miss .45

Poco importa se l’uomo ucciso era un semplice passante che inseguiva la donna per restituirle la borsa, sono quisquilie: Thana ormai è una “giustiziera della notte”. E dopo aver ucciso due uomini in due giorni non è certo più disposta a sopportare quelle manacce piene di dita del luridone del suo capo.

Tagliare un cadavere è niente, sopportare quelle mani viscide è peggio

Il primo omicidio è stata una reazione difensiva e il secondo un attacco preventivo, ma parliamo sempre di crimini perpetrati alla sua persona: quando Thana si lascia rimorchiare da un viscidone, uno di quei “fotografi d’arte” che rimorchiano giovani fanciulle promettendo loro di lanciarle nel “giro”, e appena entrati in casa gli scarica addosso il caricatore della sua pistola… be’, ora sì che Thana è diventata una punitrice.
Perché non si vendica di torti, né porta giustizia… ma punisce i criminali. E nella New York del 1981 ogni maschio è un criminale.

Ora sì che è nata una Punitrice

Al contrario dei punitori maschi, Thana non ha alcun bisogno di andare a stanare i criminali per sventagliarli di piombo: le basta uscire per strada perché quelli vengano a lei.

«Non dimenticare: due cose non conoscono limiti, la femminilità e i modi di abusarne.»

Bisognerà aspettare il 1990 per questa frase di Jeanne Moreau in Nikita, ma dieci anni prima Thana già l’aveva fatta sua, cambiando totalmente il proprio aspetto e trasformandosi in “trappola per maschi calibro .45”.

Prepararsi per un’altra notte di punizione calibro .45

Come Paul Kersey usciva nella New York di sera a passeggiare, in attesa di essere aggredito così da sparare a qualche criminale, così Thana si aggira provocante per le strade in cerca dell’occasione giusta. E le strade di New York hanno così tante “occasioni giuste” che dovrà fare ingenti scorte di proiettili.
Vorrei infatti aprire una parentesi “armigera”. Thana ha preso la sua pistola (una Star Model BM, ci rivela l’IMFDb) dal ladruncolo che le era entrato in casa, ma… da dove prende le decine e decine di proiettili che userà per tutto il film?

Sbaglio o è la stessa scalinata usata da Paul Kersey?

Più procede nella sua attività, più la “missione” di Thana passa da Il giustiziere della notte a Taxi Driver, cioè si fa vaga e inconsistente. D’un tratto comincia a prendere di mira gente innocente, la cui unica colpa è l’essere di sesso maschile. All’inizio sembra di capire che ce l’avesse con i maschi prevaricatori e violenti, ma ad un certo punto estende la “punizione” all’intero genere.
La nostra eroina sta perdendo contatto con la realtà e vive ormai esclusivamente da punitrice, fino ad arrivare alla scena che da ragazzo trovai maledettamente potente: per partecipare ad una festa mascherata in ufficio Thana si veste da suora col rossetto… e bacia ogni proiettile che carica nella sua pistola. Non sapevo chi fosse Ferrara e solo anni dopo sarei impazzito per la sua visione di cinema, ma già allora ero suo fan a mia insaputa.

Quando Ferrara sapeva tirar fuori scene indimenticabili

Vorrei ricordare che qui e nei migliori film di Ferrara alla sceneggiatura c’è Nicholas St. John, che garantisce una quota “senso di colpa religioso” bella alta nelle storie. E state certi che nei vari film di Ferrara/St. John una dissacrazione di simbolo cattolico ci scappa sempre fuori, tipo una suora con le calze autoreggenti e una calibro .45 in mano.

L’autore ha inserito varie dissacrazioni di un simbolo religioso: sapreste trovarle tutte?

Pensando ai temi cattolici che St. John inserisce nelle sceneggiature che poi Ferrara trasforma in film, il finale de L’angelo della vendetta può essere interpretato come la Punizione divina che scende a giudicare i giusti e gli ingiusti: in una festicciola dove si riuniscono personaggi volgari e amorali arriva Thana a “fare pulizia”.
Se il punitore è colui che si sostituisce all’istituzione per compiere ciò che essa non riesce, Thana è colei che si sostituisce a Dio, o comunque alla furia divina, e con un diluvio di fuoco spazza via i peccatori dal mondo.

Dal punto di vista della narrativa dei punitori, però, è un passo falso: nessuna delle vittime di Thana alla festa in maschera meritava di morire, non c’erano criminali né pericoli né altro, al massimo erano persone di dubbia moralità e cattivo gusto, ma questi non sono crimini. È il segno che la punitrice è impazzita? Che nel cercare giustizia ha perso la testa?
Ferrara non ci dice nulla, è muto come la sua protagonista (e come Dio, che non ci spiega mai il Suo agire) e il film non fornisce alcun elemento, se non che la narrativa dei punitori non era minimamente nella testa degli autori.

Da Punitrice a Furia divina il passo è davvero breve

Malgrado avesse tutt’altre ambizioni, questo Angelo della vendetta dimostra che può esserci anche un lato femminile della punizione. Due anni dopo esce al cinema Coraggio… fatti ammazzare (1983), in cui stavolta l’ispettore Callaghan deve affrontare un nemico diverso dal solito: una donna vittima di stupro – guarda caso di nome Jennifer – che sta rintracciando i suoi aggressori per ucciderli, come già faceva l’assassina di Squilli di sangue (1979), anche se su scala maggiore.

Il genere rape and revenge prevede di solito la “vendetta” solo per lo “stupro” subìto, il discorso non si allarga ai reati subiti da altri, ma è un segnale chiaro che, per citare uno storico discorso motivazionale di Paolo villaggio en travesti nel film a episodi Di che segno sei? (1975), «noi donne abbiamo soltanto guardato: ora finalmente… abbiamo visto!»
Ci vorrà ancora molto tempo per ritrovare delle Punitrici, a fumetti Frank Castle solo per poco lascerà il suo teschio ad una collega donna, ma la sartina muta di Ferrara ha lasciato un segno profondo, almeno nella titolazione italiana: non a caso la punitrice interpretata da Jennifer Garner si chiama Peppermint. L’angelo della vendetta (2018).

L.

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18 risposte a [Death Wish] Angelo della vendetta (1981)

  1. Sam Simon ha detto:

    Che triste la storia dell’attrice protagonista…

    Ma sai che Abel Ferrara è uno di quei registi di cui ho sempre sentito parlare ma di cui non ho mai visto nulla? Mea culpa (per continuare col tema religioso)!

    PS: se vuoi aggiungere un link a Carriex ne ho scritto sul blog qualche tempo fa.

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Abel Ferrara merita un recupero ma solo prima della sua autodistruzione. Film come “il cattivo tenente”, “Occhi di serpente” e “The Addiction” non esito a definirli capolavori di cinema, non certo patinati ma proprio perché sporchi e cattivi.

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      • Sam Simon ha detto:

        Me li segno! Prima o poi arriverò pure a lui! :–)

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Ti consiglio di guardarli nell’ordine di uscita, perché così potrai riconoscere l’evoluzione dei temi del suo sceneggiatore, Nicholas St. John. Quando i due si separeranno, Ferrara smetterà di fare film degni di essere visti.

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      • Giuseppe ha detto:

        Concordo: senza Nicholas St. John, Abel Ferrara praticamente cessa di esistere… Fortunatamente per noi, quando ha girato questo durissimo “Angelo della vendetta” il loro sodalizio era ancora ben lontano dall’essere interrotto, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti… poi, purtroppo, i due se ne sono andati ciascuno per proprio conto, cosa che ha aperto la strada a rifiuti organici come (appunto) “New Rose Hotel” 👎

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Sono fra i disgraziati che ha addirittura visto al cinema “New Rose Hotel”, così che l’abominio è stato davvero completo, avendo cioè buttato via pure dei soldi per quella spazzatura.
        Tempo dopo su Tele+ (o SKY, non ricordo) è arrivato un nuovo film di Ferrara e ho voluto provarci, magari scrollandosi di dosso Asia Argento aveva ritrovato un minimo di dignità, invece niente: come dicevo, dopo Asia non cresce più niente, e quindi Abel non potrà mai tornare a fare qualcosa degno di essere visto.

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  2. Cassidy ha detto:

    Bello, bello bello bello, il post è il film, che ancora oggi resta uno dei miei preferiti di Abel Ferrara, speravo trovasse spazio nella tua rubrica dove ci sta alla perfezione, quindi ben felice di averlo trovato qui questo film che ancora mangia gli spaghetti in testa a tutti i prodotti di plastica che predicano la lotta femminile contemporanei. Cheers

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  3. Zio Portillo ha detto:

    Quanto amavo Ferrara! Ha avuto una prima parte di carriera così micidiale che era impossibile continuasse a sfornare filmoni uno dietro l’altro. E infatti… Il mio cuore per lui si spezzò definitivamente con “New Rose Hotel”. Ho sperato nel guizzo di “Go Go Tales” ma una coltellata mi avrebbe fatto meno male.

    Mi sa che questo “L’angelo della vendetta” l’ho visto anch’io sulla vecchia Tele+ e poi mai più!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Nessuno dei film di Ferrara può essere trasmesso sulla TV in chiaro, giusto “King of New York” ogni tanto appare nelle notti profonde di Mediaset, ma solo perché può essere spacciato per film di gangster: se sparano e ammazzano si può trasmettere, se parlano e veicolano un contenuto no. E il suo sceneggiatore di fiducia parlava di temi cattolici: figuriamoci se avesse avuto uno sceneggiatore musulmano! 😀
      “New Rose Hotel” è la prova che dove passa Asia Argento non cresce più l’erba…

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  4. Willy l'Orbo ha detto:

    Triste la storia dell’attrice protagonista, affascinante la figura della sartina muta punitrice, efficaci gli “inserti religiosi” e, loro malgrado, le mani viscide, bella la copertina…insomma, altro post bello e ricco di spunti! 🙂

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