Virus (1999) Non salite sulle navi fantasma

Gli sfolgoranti anni Novanta sono stati un decennio confuso: l’esplosione dei videogiochi e dei fumetti ha reso chiaro che il medium princeps non era più il cinema e tutti sono corsi ai ripari, con film tratti da giochi e fumetti. Scoprendo che inseguire un treno non è la stessa cosa che guidarlo, quel treno.
Per questa serata conclusiva dell’iniziativa Notte Horror 2019 vi invito ad un viaggio alla scoperta di un buco nell’acqua chiamato Virus, il titolo che ha fatto smettere tutti di parlare di “fumetti al cinema”, almeno per qualche anno.

Abbiamo visto come la casa fumettistica Dark Horse Comics, esplosa grazie ai fumetti alieni, abbia messo piede anche nel mondo cinematografico: Dr. Giggles (1992) è stato un grave errore, e forse il problema risiede nel fatto che una casa specializzata nel creare storie fuori dagli schemi si sia limitata a produrre una storia già scritta da uno dei tantissimi cialtroni che infestano il mondo del cinema. In pratica, una casa dai gusti avveniristici si è presentata in un ambiente nuovo con una storia che chiamare vecchia è poco.
Perché non provare a portare proprie storie sul grande schermo?

“Starlog” n. 206 (settembre 1994)

Dopo che Joel Silver della Fox gli ha rubato la storia per il film Predator 2 (1990), Mark Verheiden – che non si è lamentato, come racconta in questa intervista dell’epoca, e quindi è risultato subito simpatico ai produttori – ha la possibilità di concretizzare progetti molto più ambiziosi insieme alla Dark Horse che l’ha lanciato nel mondo a fumetti, grazie al capolavoro Aliens: Book I (1988): a luglio del 1994 esce The Mask con Jim Carrey, tratto dal personaggio a fumetti creato nel 1991 da John Arcudi, e a settembre esce Timecop con Van Damme, tratto dal personaggio creato da Verheiden stesso nel 1992.
Quell’estate “calda” della Dark Horse non è proprio andata benissimo, i film incasseranno ma rimarranno legati ai rispettivi attori: non saranno “bandiere” della casa.

Nel 1996 è la volta di un altro personaggio della casa che tenta la via del cinema, la procace e grintosa Barb Wire creata nel 1993 da Chris Warner (che l’ha ripresa nel 2015) e curata dal 1994 da John Arcudi: anche qui, parliamo di un film legato più alla figura di Pamelona Anderson che alla Dark Horse.
Dopo aver prodotto una serie animata su The Mask e una serie TV su Timecop – ammazza che creatività! – arriva il momento di provarci ancora, a portare un proprio fumetto sul grande schermo. Sarebbe bello sapere cosa abbia spinto i produttori a scegliere una delle proprie storie più schizzate, una storia singola in quattro puntate scritta da Chuck Pfarrer nel 1992, ma sta di fatto che si può dire tutto alla Dark Horse dell’epoca, tranne che non sia coraggiosa.

Chuck Pfaffer in Senza tregua (Hard Target, 1993)

Una parola sullo sceneggiatore del fumetto. Prendete il vostro DVD di Senza tregua (1993) con Van Damme, che do per scontato abbiate tutti in casa, e mettete play: il film inizia con una caccia all’uomo in cui un ex militare barbuto ha la peggio e viene trafitto da una freccia. Quell’ex militare è interpretato dal produttore e sceneggiatore del film, l’ex militare Chuck Pfarrer.
Dopo aver fatto parte per cinque anni dei Navy SEALs, negli anni Ottanta, non stupisce che Pfarrer esordisca al cinema sceneggiando il mitico Navy Seals. Pagati per morire (1990): meno scontato che il suo lavoro successivo sia stata quella bomba di Darkman (1990).
Dopo aver scritto The Jackal (1997) con Richard Gere, e prima di scomparire dal cinema dopo il suo capolavoro, Pianeta rosso (2000), Pfarrer è pronto a trasporre un proprio fumetto per il grande schermo.

Al contrario di Verheiden, che dopo aver esordito nel fumetto ha immediatamente cercato il cinema ad ogni costo, Pfarrer ha esordito con filmoni e poi è passato al fumetto. Come si fa a resistere quando si ha la possibilità… di scrivere il seguito de La Cosa (1982) di Carpenter nel suo decennale?

«La Dark Horse mi inseguiva da un paio di mesi perché scrivessi per loro un fumetto. Be’, ad essere onesto non ho mai letto fumetti, neanche da ragazzino, e non ne so molto. Ma durante un pranzo con [l’editor della Dark Horse] Randy Stradley, lui mi ha detto: “Prima di tutto, non devi pensare a loro come fumetti ma come libri illustrati: permettimi di farti conoscere qualcosa di quello che facciamo”. Mi ha mandato una cinquantina di fumetti Dark Horse e ho visto che si trattava di graphic novel: buona carta, molto ben disegnati, alta qualità artistica. Randy e il mio agente mi hanno accerchiato: “Guarda, puoi fare ciò che vuoi. Non ci sono budget da rispettare: vuoi distruggere un sottomarino nucleare? Scrivilo e noi lo faremo disegnare”. (ride) Così dissi che ci avrei provato.»

Il testo che ho tradotto è di Tom Weaver, che sulla rivista specialistica “Starlog” (gennaio 1992) presenta con grande enfasi l’atteso seguito del film di Carpenter, anche se a fumetti. E vi assicuro che una rivista cinematografica dell’epoca che parli di fumetti è qualcosa di rarissimo: deve davvero valerne la pena. (Tranquilli, il fumetto arriverà anche qui sul Zinefilo!)
Presentato questo fumetto nel dicembre 1991, incredibilmente Pfaffer si stufa e dopo due numeri fa sapere alla casa che non ha voglia di continuare. Chiunque altro gli avrebbe fatto causa per violazione contrattuale o l’avrebbe cacciato a pedate, ma evidentemente la Dark Horse non vuole perdere uno scrittore prezioso e accetta: facesse ciò che vuole, basta che scriva. Così Pfaffer all’intervistatore anticipa il suo nuovo progetto a fumetti dal titolo provvisorio Wreck of Electra (“Il relitto dell’Electra“):

«È Aliens ambientato su una nave cargo della Cina comunista, incaricata di intercettare messaggi radio dallo spazio. Be’, questi tizi ricevono un messaggio che però è un virus informatico intergalattico che prende possesso dell’intera nave. Trovata l’imbarcazione alla deriva, un vascello di salvataggio cerca di salvarla ma presto l’equipaggio scopre che il mostro è la nave.
Non ha ancora forma fisica quando salgono a bordo, ma inizia a raccogliere materiale e ad uccidere gente, e quando si manifesta è metà carne e metà macchina.
È il tipo di storia per cui la Dark Horse va pazza, ma è un pochino troppo tosta per Hollywood.»

Eppure alla fine la storia ci è arrivata davvero al cinema, grazie proprio alla Dark Horse che tanto ha puntato sull’autore, non certo una persona facile da gestire. Nell’intervista citata rivela che ogni tanto Stradley lo chiamava per chiedere se si potesse cambiare una parola in una vignetta, e Pfaffer reagiva molto male: ripeto, non dev’essere una persona con cui è facile lavorare, ma di sicuro non scrive storie che lascino indifferenti.
Comunque originariamente Virus doveva essere proprio un film, e visto che la produzione sembrava parecchio difficoltosa Pfarrer preferì trasformarlo in fumetto: solo dopo che questo ha venduto 400 mila copie divenne chiaro che l’idea poteva stare in cima ai prossimi progetti cinematografici della casa.

Un fumetto amato, un film ignorato

Ristampato nell’aprile 1998 il fumetto con i disegni di Howard Cobb (e gli inchiostri del giovane Jimmy Palmiotti), ormai è noto che il progetto è in lavorazione e così il giornalista Roberto Aguirre-Sacasa di “Fangoria” raggiunge Newport News, dove è stato allestito l’enorme set semi-marino del film, e trova una larva umana che un po’ ride e un po’ piange: è il regista esordiente John Bruno. (Anche se in realtà il suo debutto direttoriale è stato con il segmento “Soft Landing” del film animato Heavy Metal, nel 1981.)
Forgiato alla scuola di James Cameron, per cui ha partecipato come tecnico degli effetti speciali a The Abyss (1989) e Terminator 2 (1991), Bruno è parecchio a pezzi.

«Le sequenze dei film a cui ho lavorato in precedenza richiedevano all’incirca un paio di settimane, ma questa cosa sta andando avanti da cinque mesi! Giorno dopo giorno, devi resistere, non ti puoi ammalare e non puoi fermarti. Un giorno mi sentivo così male che non riuscivo a gridare “Azione!”, ma devi andare avanti.»

Visto che stavolta le cose si fanno in grande, visto che è coinvolta la Universal Pictures, visto che fra i produttori oltre a Mike Richardson (padre della Dark Horse) c’è anche la grintosa Gale Anne Hurd – quella che ha prodotto tutti i film giusti di Cameron – c’è da capire la preoccupazione di Bruno, che sta giocando in serie A e non può permettersi un solo errore. Purtroppo andrà male lo stesso e dovrà rinunciare alla regia per tornare agli effetti speciali, ma all’epoca ancora non lo sa.

«Quando ho ricevuto il copione, Jim Cameron mi ha chiamato e ha detto: “Lascerai la città la prossima settimana senza dirlo a nessuno: andiamo sul Titanic“.»

Quando si riceve una telefonata del genere, è naturale sentirsi spaesati. Esce fuori che nel 1995 Cameron sta finalmente lavorando al suo progetto per un film di cui potreste aver sentito parlare – Titanic (1997), appunto – e vuole Bruno come consulente degli effetti visivi. I due passano il mese successivo nel Mar del Nord, su un enorme vascello di ricerca russo che con il mare in tempesta balla che è un piacere e passa indenne attraverso ben due uragani. Durante le pause Bruno rivela a Cameron i suoi dubbi su Virus, e Jim gli risponde papale papale: «Qualsiasi cosa accada, prima devi fare Titanic perché ne stiamo parlando da anni, dannazione!»

La visuale di John Bruno appena risalito dal Titanic

Sempre Cameron gli suggerisce di cambiare la sceneggiatura, se non gli piace – o almeno così Bruno racconta al giornalista – e così il nostro aspirante regista prende le esperienze vissute sulla nave russa in quel mese e le inserisce nel copione di Virus.

«E visto che eravamo passati per un uragano, pensai che l’intero film dovesse essere ambientato durante un uragano. Una volta avute queste idee, l’intero processo partì.»

Meno male che durante quel mese con Cameron a Bruno non gli è venuta la cacarella a fischio, se no finiva pure quella nel copione!

Nello scrivere l’introduzione per la novelization del film – curata da S.D. Perry, figlia del celebre Steve Perry che al contrario del suo solito stavolta addirittura scrive un romanzo leggibile! – Bruno racconta una storia un po’ diversa. Torniamo a quando è in balìa delle onde del Mar del Nord chiuso in cabina con James Cameron.

«Eravamo da due settimane in mare quando Jim casualmente prese l’argomento di Virus. Aveva parlato con Gale [Anne Hurd] prima di lasciare Halifax e voleva sapere cosa io avessi deciso. Non avevo preso alcuna decisione e gli dissi che non ero soddisfatto della storia. Il consiglio di Jim è stato quello di personalizzare Virus, di portare la mia esperienza personale nel progetto.»

Insomma, è stata tutta “colpa” di Cameron! Con quel viaggio del 1995 Jim ha in pratica gettato le basi per due film in contemporanea.

Bruno ripete la storia quando viene ad intervistarlo Bill Florence della rivista “Starlog”, curiosamente molto legata al film: il managing editor Carr D’Angelo anni prima lavorava come dirigente alla Universal Pictures ed era lui che aveva presentato allo studio il progetto originale di Chuck Pfarrer, poi rifiutato. Il regista ci racconta anche altro:

«Non è cosa di tutti i giorni che uno studio dica: “Non solo ti diamo l’opportunità di dirigere, ma ti mettiamo in serie A, superando tutti i registi di serie B”. E mi hanno dato 40 milioni di dollari di budget.»

Bruno dice di aver pensato subito a Jamie Lee Curtis per il ruolo principale, avendo conosciuto l’attrice sul set di True Lies (1994) dove ha avuto modo di scoprire quanto era “tosta” e senza paura di sporcarsi le mani per un film.

«Per Virus avevo pianificato un film sporco, tosto e difficile da girare, quindi non volevo prime donne sul set. Ho premuto per Jamie. Una volta che lei ha letto il copione ha detto che era disposta a prendersi qualche sbucciatura per una storia del genere. Sapeva che sarebbe stato difficile.»

Come si diceva all’inizio, per Bruno la sua prima prova seria da regista è stata un’esperienza parecchio intensa.

«Ogni scena è stata una sfida: se non c’erano dei robot, c’era l’acqua. Solamente una piccola percentuale di film vede gente che parla in una stanza. L’intera prima parte prevede gente in mare durante una bufera. […] Era tutto così fisico: ho pensato che non avrei mai più voluto fare una cosa del genere. Chiamavo in continuazione Jim [Cameron], chiedendogli consiglio. Lui diceva: “Vai in post-produzione, lì sei bravo: capirai lì cosa c’è da fare”, ed è uscito fuori essere vero.»

Ma insomma, ’sto film l’ha fatto Bruno o Cameron?

«Non mi sarei mai aspettato che fosse un’esperienza così dura: se vi piace essere spellati ogni mattina e poi gettati tra le fiamme, allora dirigete un film. Eppure, malgrado tutto, non vedo l’ora di dirigere il mio prossimo titolo!»

Mi spiace, Bruno, per te la regia finisce qui. Al massimo farai un paio di episodi “Star Trek Voyager” e poi da Alien vs Predator (2004) tornerai in pianta stabile negli effetti speciali.

Poi sul set si presenta Chuck Wagner, che non ho capito se sia un omonimo o proprio l’attore che nel 1983 mi riempì gli occhi di meraviglia con la serie TV “Automan”, dove interpretava un essere digitale nato da un computer. Comunque con questo nome sta scrivendo un articolo per la rivista “Femme Fatales”, specializzata nel lato femminile di cinema e narrativa. A lui Jamie Lee Curtis racconta che:

«Ciò che mi ha attratto in Virus è il fatto che fosse una storia emozionante: non ho mai fatto nulla del genere! Non sono mai stata in un film di fantascienza in vita mia. Il compenso era buono ed era una buona opportunità per me: ecco perché ho accettato.»

Ecco, diciamola tutta: bella la storia, bello tutto… ma sono i soldi a decidere!

Al giornalista di “Fangoria” intanto la produttrice Gale Anne Hurd anticipa e previene le future recensioni dei critici.

«Ogni film che abbia a che vedere con una forma di vita in uno spazio confinato viene comparato ad Alien. Ma Alien si svolge nel futuro, ed ha a che vedere con una minaccia biologica: qui è tutto al contrario.»

La forza di Virus, dice infatti la produttrice, sta nel fatto che si svolge ai tempi nostri e il “mostro” è in realtà una forma di vita a base elettrica.

Presentato a Los Angeles il 15 gennaio 1999, il 14 aprile successivo il film finisce davanti alla commissione di censura italiana che dà immediatamente il visto senza alcun divieto, arrivando in sala qualche giorno dopo.
Viene trasmesso su Italia1 in prima serata venerdì 28 settembre 2001, quando è facile che l’abbia visto io per la prima volta.

La Cecchi Gori lo presenta in VHS e DVD dal 2000: le foto prese per questo pezzo provengono dalla trasmissione di Rete4 del 31 marzo 2019.

Gustatevi questi titoli scritti a mano da Mediaset!

Se invece di pensare alla propria esperienza coi marinai russi, il nostro baldo John Bruno avesse letto meglio il fumetto originale e capito la sua struttura, forse staremmo parlando di un film di culto del genere fanta-horror, oltre che del genere “ghost ship“. Invece Chuck Pfarrer e Dennis Feldman in qualità di sceneggiatori hanno mandato di rovinare tutta l’atmosfera del fumetto per scrivere una sceneggiatura in cui lo spettatore sappia tutto già nei primi minuti e quindi passa la successiva ora a sbadigliare, mentre i personaggi indagano.

Così si sente lo spettatore: una nave fantasma…

Squassato da un temporale, il cargo commerciale del cinico capitano Everton (Donald Sutherland) se la passa male, ma per fortuna quando si fa mattina si ritrovano davanti ad una enorme nave fantasma, e tutti si sentono calati in Alien (1979), iniziando a parlare di percentuali sul recupero e roba varia.

Per contratto il film deve avere una percentuale Baldwin…

Saliti a bordo e fatto facce buffe, detto cose banali riusciti nell’incredibile intento di rovinare ogni singola vignetta del fumetto, l’equipaggio inizia a fare il Karate Kid dell’Horror: sale le scale, scende le scale, apre le porte, chiude le porte.
Appisolati, veniamo svegliati dall’arrivo in scena di Joanna Pacula, che per intenderci è la Newt della situazione: la superstite impaurita che rimarrà attaccata alla Ripley/Jamie Lee Curtis.

Uno splendido sorriso per un ruolo non proprio memorabile

Dopo un’ora di indagini, i protagonisti scoprono quello che tutti sapevano mesi prima che il film uscisse in sala: un’entità aliena è penetrata nella nave e ne ha preso possesso. Qualcuno svegli il pubblico.

Svegliatevi, che è arrivato Terminator

Il problema principale e secondo me fatale, come dicevo, è la struttura della storia. È identica al fumetto ma questo inizia con i protagonisti che trovano un relitto; salgono, cercano di capire cosa sia successo, ci sono strani incidenti e trovano strane cose: man mano il lettore e i personaggi insieme iniziano a capire la “verità”.
Il film invece inizia subito dicendoci la “verità” – anzi, già la dicevano le riviste! – ma i protagonisti non la sanno, quindi per almeno un’ora assistiamo a questi tizi che devono capire quanto noi già sappiamo, quand’anche non l’avessimo letto nella trametta del film. La “verità” poi non ha alcun approfondimento: quello che ci viene detto nel primo secondo di film non viene spiegato e si arriva al fine, col mostrone finale, senza saperne più dei protagonisti… solo con un’ora di anticipo.

Almeno gli effetti sono belli

Gli effetti speciali sono spettacolari ma assolutamente buttati via. Nella sua disperata voglia di fare un prodotto à la Alien, Bruno adotta la tecnica del montaggio serrato per non far capire il mostro… così ci rimane solo la noia di una sorpresa che sapevano tutti prima ancora di entrare in sala. Invece di mostrare per pochi fotogrammi le splendide creature della pellicola, andavano usate molto di più, visto che in fondo il film è tutto lì.
Addirittura come concezione visiva accosterei queste creature al capolavoro Hardware (1990), perché come quel robot anche qui si tratta di un essere assemblato con mezzi di fortuna. E spesso i “mezzi” sono resti umani!

Doveva essere il pezzo forte, invece è un’ombra sulla parete

Non voglio credere che Pfarrer, narratore di professione e in seguito romanziere di successo, non abbia capito il grave errore che stavano compiendo con questo film, soprattutto perché se lui stesso aveva scritto la storia in quel modo, nei primi anni Novanta, era perché era quello il modo perfetto di raccontarla. Evidentemente l’assegno era buono e Chuck ha incassato: l’aver abbandonato il cinema subito dopo la dice lunga sulla sua stima per il medium, e non gli si può dare torto.

Sul CitaScacchi vi racconto una chicca sul film

Non si può dire che Virus sia un brutto film, la prima volta che l’ho visto mi è piaciucchiato, così come mi è piaciuta la novelization ma è anche vero che ogni volta che lo vedo lo stimo di meno, soprattutto dopo aver letto il fumetto e aver capito l’errore di fondo della storia.
Mentre infatti il fumetto è appassionante e si può gustare anche sapendo la “verità”, il film invece perdendo quella freschezza non fa che sembrare una scopiazzata di Deep Rising (1998), e infatti questi due film li ho confusi per molto tempo.

M. Keith Booker nel suo saggio May Contain Graphic Material (2007) scrive:

«Le recensioni negative sono perfettamente comprensibili, anche se il film è meno brutto di come i critici l’hanno descritto. Virus è stato inoltre un colossale fallimento al botteghino, rientrando di meno della metà dei 75 milioni di dollari che è costato, un risultato che può spiegare il calo di entusiasmo di Hollywood verso i film basati su fumetti fantascientifici.»

Sicuramente l’insieme di insuccessi di film tratti da fumetti avrà stemperato molto dell’entusiasmo verso questo tipo di commistioni, ma dopo X-Men (2000) mi sembra si sia ripartiti alla grande. Escludendo però le super-tutine DC-Marvel, film come La vera storia di Jack lo Squartatore (2001) ed Era mio padre (2002) sembrano dimostrare che anche fumetti più indipendenti siano presi in considerazione sì, ma parliamo di gocce nel mare. Una cosa sono i supereroi, che hanno una base di partenza di fan sterminata, un’altra sono i fumetti indipendenti che non hanno queste garanzie: quando è uscito Alien vs Predator (2004), addirittura è stato taciuto che fosse tratto dal fumetto omonimo, presentandolo come creazione di Paul W.S. Anderson. (Che è tecnicamente vero ma vista la quantità di materiale “rubata” dal fumetto, una menzione la meritava.) E dopo quella data trovare un fumetto non super-eroistico e indipendente al cinema diventa più raro.

Newt e Ripley di nuovo insieme

Siamo lontani dall’esplosione anni Novanta dei personaggi a fumetti su grande schermo: dopo il Duemila solo le super-tutine hanno speranza di vendere qualche biglietto. Chissà che il tonfo astronomico al botteghino di Virus non abbia ucciso nella culla il genere “fumetto indipendente (no supertutine) al cinema”.
Comunque, in chiusura, è un film che consiglio di vedere a chi non lo conoscesse, anche solo per gustare le splendide creazioni robo-carnose.

L.


Bibliografia

  • Roberto Aguirre-Sacasa, Virus: Spreading Fear, da “Fangoria” n. 175 (agosto 1998)
  • M. Keith Booker, “May Contain Graphic Material”. Comic books, graphic novels, and film (2007)
  • Bill Florence, Viral Agents, da “Starlog” n. 259 (febbraio 1999)
  • S.D. Perry, Virus [novelization] (Universal Studios 1997; RCS Libri 1999)
  • Chuck Wagner, Joanna Pacula Virus, da “Femme Fatales” volume 7, n. 5 (ottobre 1998)
  • Tom Weaver, Things Change, da “Starlog” n. 174 (gennaio 1992)

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43 risposte a Virus (1999) Non salite sulle navi fantasma

  1. Evit ha detto:

    Lo vidi proprio quel settembre del 2000, ricordo che ne parlammo in classe, erano le superiori, io 15enne affamato di fantascienza mi domandavo perché non avessi mai sentito parlare di questo film prima! Sembrava uscito dalla metà degli anni ’90 e invece era di appena un anno prima. Se uno lo becca in TV senza conoscerlo e gli piace il genere ne sarà piacevolmente sorpreso.

    Un flop così colossale al cinema di certo non se lo meritava, sarà capitato al momento sbagliato. Certo non ha aiutato negli Stati Uniti sbatterlo a gennaio, quel mese in America è come agosto per il cinema in Italia. Incassare metà del budget speso per i canoni di Hollywood non è solo un flop, è un flop con calcio in culo. È fortunato che sapeva lavorare agli effetti speciali sennò qualche produttore gli avrebbe detto di sparire dalla città entro 24 ore e non tornarci mai più altrimenti gli avrebbero spezzato le gambe.

    È un film che mi piace molto, sono affezionato ai cloni di Alien con la stessa intensità con cui odio le citazioni ad Alien. So’ strano io…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      La prima parte è molto bella, ma temo sia semplicemente l’effetto Hadley’s Hope: quando i protagonisti arrivano sul luogo del disastro e indagano è sempre una parte molto bella di una storia. Poi però il regista si è giocato male gli splendidi mostri creati appositamente e ha puntato troppo su un cast sbagliatissimo, con personaggi totalmente privi di spessore.
      Diciamo che è un ottimo film di serie Z: il problema è che ha costi di film da serie A…

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      • Evit ha detto:

        Sì, mai percepito come film di serie A 😄 però è simpatico (e poi c’è Baldwin, no? È per questo che lo raccomandi alla fine, ammettilo). Dall’effetto nave fantasma purtroppo non è facile uscirne bene. Mi piace il nome effetto Hadley’s Hope 😄

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Purtroppo è davvero di serie A: soldi della Universal Pictures – che la Dark Horse al massimo poteva offrire da mangiare sul set! – star di prima grandezza, Gale Anne Hurd a spadroneggiare sul set e amico personale di Jimmy Cameron alla regia.
        Per non parlare di Pfaffer, che è un signor sceneggiatore: il problema è che gli hanno chiesto di distruggere tutto ciò che di buono il suo fumetto creava e in pratica annullare totalmente i propri personaggi, che – se ci pensi bene – nel film non fanno una mazza di niente se non dire quattro frasi in croce e fare cose stupide, tipo correre per corridoi dicendo “Per di qua”. Sei in un relitto straniero nell’oceano: che cazzo ne sai dove andare????? 😀

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      • Evit ha detto:

        🤔 la tua descrizione degli attori sperduti sul set mi ha fatto tornare voglia di vederlo. Magari ora che è settembre lo ridanno in TV

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Come ti dicevo, ti consiglio di leggerti il fumetto prima del film: è illuminante per capire la scientificità degli errori commessi. 😉

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      • Evit ha detto:

        😄 infatti mi dedicherò prima a quello! Se già mi piace il film e mi dici che il fumetto è meglio…

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Il fumetto è esattamente come il film doveva essere fatto, per iniziare a parlare di fanta-horror serio. E la dimostrazione cristallina di come il cinema sia incapace di raccontare storie tratte da fumetti: dovrebbe fare altro, come ha fatto nei cent’anni prima di incaponirsi con ‘sti cacchio de fumetti della malora.
        Te l’immagini John Wayne che andava da John Ford a dirgli “Oh, bell’occhio, perché non portiamo su grande schermo i fumetti western che tutti i ragazzini leggono?” Ma sai i calci per tutto il West? 😀

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      • Evit ha detto:

        Ahahahahah! Ehi, vacci piano, il cinema ci ha portato quel grandissimo film chiamato Spawn… che ancora rivoglio indietro i soldi del biglietto e sputare in faccia ai creatori.

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      • Conte Gracula ha detto:

        Anni fa, passavo i sabati notte da amici, a guardare un film.
        Per Spawn, si è andati a votare: io non sapevo nulla del personaggio e una delle opzioni alternative mi interessava, ma i miei amici erano interessati al fumetto e volevano vedere proprio Spawn.
        Sono finito steso ai voti, ma loro sono stati stesi dal film: una zozzata fatta a caso, con Malebolge che sembrava una vecchia babbuccia di peluche infeltrita a causa di un candeggio sbagliato (niente ace)…

        Il mio commento fu: ricordatevi di questo momento, quando dico che è meglio l’altro film XD

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        ahaha questa sì che è una soddisfazione 😛

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      • Evit ha detto:

        La mia storia è praticamente identica alla tua, eccetto che all’amico appassionato gli era pure piaciuto, quindi non ho avuto nemmeno quella soddisfazione

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        Naaaaa, avrà detto che gli era piaciuto per non darti la soddisfazione di gongolare: non voglio credere che esistano esseri umani a cui sia piaciuto Spawn…

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      • Evit ha detto:

        Era un fumettaro perso, di gusti strani, penso di aver incontrato l’unico fan italiano di quel film.

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      • Conte Gracula ha detto:

        Dopo aver visto certe zozzate degli ultimi dieci anni, lo digerisco meglio: il pericolo della Z è che ti abbatte il gusto!

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      • Lucius Etruscus ha detto:

        A chi lo dici! Io mi sono reso conto che questo blog mi ha distrutto! 😀
        Trovo apprezzabili cose che prima non avrei toccato neanche con un bastone…

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      • Conte Gracula ha detto:

        Un amico finse che fosse bello, ma lo capisco: aveva pagato 50000 lire, per quella VHS XD

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      • Evit ha detto:

        Noi lo abbiamo visto al cinema, abbiamo speso molto meno. 😄

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  2. Pingback: Virus (1999) | CitaScacchi

  3. Pingback: Event Horizon (1997) Punto di non ritorno | Il Zinefilo

  4. Austin Dove ha detto:

    Che trashata immane 😂
    Bello, horror, divertente e con una jamie fantastica, che alle interviste lei stessa stroncava il film 😂😂

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  5. Celia ha detto:

    In effetti il mostro carnoso rosso è fico assaje.

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  6. Celia ha detto:

    E devo dire che tra la serie sulle ghost ship, che mi slurperò con grande gusto, ed il blog a tema scacchistico – l’ho beccato oggi stesso linkato da Cassidy, ma ormai non mi stupisco più di trovarci anche te: praticamente tu sei Chthulu, solo che fingi di essere un mortale qualsiasi – ho un sacco di bella roba nuova da addentare ❤

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  7. Giuseppe ha detto:

    Interessanti (come sempre) aneddoti e retroscena per un film prevedibile ma divertente, pur perdendo il senso di mistero e verità per gradi successivi del fumetto originale… A proposito del versante fumettistico, ricordo male io o nel progetto era stato coinvolto anche Jean “Moebius” Giraud?

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  8. Cassidy ha detto:

    Un post talmente pieno di fumetti, Jamie Lee e Jimmy Cameron che davvero, non volevo arrivare alla fine da quanto mi è piaciuto! Ti ringrazio per le tante citazioni e non so dirti molto su Chuck Wagner, ma il giornalista di Fangoria Roberto Aguirre-Sacasa, potrebbe essere un altro caso di omonimia, oppure lo scrittore di fumetti che ha lavorato alla Marvel, e adattato diverse storia di Stephen King a fumetti (tipo il romando “L’ombra dello scorpione”) e che ora cura il fumetto e la serie tv di “Le terrificanti avventure di Sabrina”. Giusto per dire che hai scritto un post davvero strapieno di fumetti 😉 Perché i fumetti soffrono ancora della sindrome del fratello minore rispetto al cinema, anche oggi Marvel e DC adattano i loro personaggi cartacei, per allinearli a quelli che vediamo sul grande schermo, usando il tuo paragone, inseguono ancora il treno, senza rendersi conto di essere loro alal guida. Inoltre dopo tutta questa “polemica” (da social, quindi inutile) sul nuovo “Joker” (è un Cine-comics sì, è un cine-comics no) sarebbe ora di ricordarsi che i fumetti non sono solo super calzamaglie, il catalogo della Dark Horse (e della nuova Image) sono la prova.

    Il paragone con “Hardware” ci sta tutto, nella mia testa sono film simili, anche se Richard Stanley ha uno stile acido tutto suo. Sulla battute della cacarella sono scoppiato a ridere (storia vera), ma capiamolo il povero John Bruno, era traumatizzato dal suo esordio ma anche dall’aver passato settimane solo in mare con Cameron. In pratica un’esperienza alla Melville, perché Cameron che insegue il Titanic è la cosa più vicina al Capitano Achab che io possa immaginare, solo che Achab aveva un carattere molto più docile rispetto a Jimmy 😉 Cheers!

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      ahaha è vero, me l’immagino Cameron che guarda il mare e lascia libero sfogo alla sua ossessione per il Grande Titanic Bianco mentre il povero Bruno sta lì – magari con il mal di mare – a pensare come girare “Virus” 😀 certe cose ti segnano…

      Non sapevo che Aguirre-Sacasa fosse un nome così illustre: quelle riviste di un tempo erano davvero una fucina di talenti!

      Per fortuna sto lontano sia dai social che da Joker in ogni sua forma, così “sto lontano dallo stress” come i Club Dogo 😀
      E’ incredibile che la “trans-medialità” sia un abominio così inconcepibile che tutto deve condurre ad un unico medium con relative sorelle sfigate a seguirlo. Se ogni medium lavorasse al meglio delle proprie possibilità fregandosene di ciò che fanno gli altri e sviluppando ciò che lo rende unico, invece di omologasi alla mediocrità comune, avremmo tante esperienze, per tutti i gusti. Davvero un gran peccato…

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  9. Willy l'Orbo ha detto:

    La parte aneddotica è interessantissima come al solito. E come al solito ho letto con piacere la rece vera e propria del film, anzi, forse con più piacere del solito perché l’avevo visto solo una volta mi pare al cine ed ero curioso di sapere se i ricordi corrispondevano ad un giudizio etrusco! In fondo sì, anche io lo ricordo come prodotto divertente, con un bel “mostro” ma che non si gioca benissimo le sue carte. Comunque vederlo con l’aura magica degli anni ’90 ne alza notevolmente la mia ammirazione 😁😄

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  10. Conte Gracula ha detto:

    Non ricordo di averlo visto – mentre leggevo, mi veniva in mente Event Horizon mescolato a Halloween 😛 – ma devo dire che trovo le reazioni di Hollywood al bordo della superstizione: non è colpa del genere, se un film va male, è colpa di una storia progettata male, di un montaggio carente, di attori tutti cani e cose simili, da sole o tutte insieme.
    Forse il film sarebbe andato bene pure con effetti speciali di pan bagnato, se la storia fosse stata migliore, visto che attori capaci ne aveva…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Infatti il difetto maggiore che imputo al film è di aver preso una buona storia – infatti il fumetto aveva venduto benissimo – e raccontata male, storpiata e rovinata.
      Però è anche vero che in quel periodo le (astro)navi fantasma andavano tantissimo e non sbagli a citare quel filmone: alla fin fine i tanti film di ghost ship usciti tra 1997 e 2002 sono tutti straordinariamente uguali!

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  11. MisterZoro ha detto:

    Visto al cinema qualche giorno dopo l’uscita, lo ricordo poco e ho paura che rivedendolo oggi potrebbe “scendermi” ancora di più, ma non ne ho un brutto ricordo in realtà.
    L’ho ritenuto già all’epoca una bella occasione persa, di sicuro senza quella Jamie TopPlayer e quegli effetti speciali spettacolari ora sarei ancora in cassa a richiedere i soldi del biglietto.
    Ancora sto aspettando quelli del Godzilla di Emmerich…

    In ogni caso, ho visto decisamente di peggio (consoliamoci XD)

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  12. theobsidianmirror ha detto:

    Continuo a essere peplesso da questi titoli che ci proponi a scadenza regolare.. non riesco proprio a ricordare se li ho visti o meno. Questo virus non fa eccezione. La locandina è abbastanza anonima e sono quasi certo di aver noleggiato almeno 10 film con la stessa immagine sulla cover.. La trama non mi dice nulla ma potrebbe essere dovuto all’età che avanza.. boh..
    Adesso però vado nell’altra stanza a prendere il mio DVD di Senza tregua (1993) con Van Damme…Ah gia! Non ce l’ho…

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    • Lucius Etruscus ha detto:

      Ahi ahi ahi! “Virus” non importa, ma “Senza tregua” devi assolutamente vederlo ^_^
      Lance Henriksen che organizza cacce all’uomo a New Orleans e Van Damme che fa il duro: come puoi perderti uno spettacolo del genere? 😀

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  13. Pietro Sabatelli ha detto:

    Se passato in tv è possibile che l’abbia visto, ma sai ho visto tante cose “simili” che difficile distinguerli tutti..

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